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Vertice Fao: appello al mondo

per la guerra contro la fame

Summit Fao, Diouf in sciopera della fame contro la fame

 

2009-11-16

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Dalessandro Giacomo

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L'ARGOMENTO DI OGGI

 

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2009-11-17

Napolitano: i Paesi ricchi si impegnino di più. Berlusconi: date certe per gli aiuti

Onu: "Oggi muoiono 17 mila bambini"

Il Papa: "Risorse esistono, usiamole"

Ban Ki-moon: possibile sfamare tutti. Nella dichiarazione finale nessun impegno finanziario. Diouf rammaricato

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Papa Benedetto XVI e il segretario generale Fao, Jacques Diouf (Ap)

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ROMA - Al vertice Fao di Roma è stata approvata per acclamazione una dichiarazione finale sulla sicurezza alimentare che cita fra gli obiettivi il dimezzamento della povertà entro il 2015. Nel testo non è previsto alcun impegno finanziario, bensì cinque azioni da mettere in campo per combattere la fame per cui si chiede ai governi di assicurare ai Paesi in via di sviluppo i fondi promessi. Nella dichiarazione di 41 paragrafi sono ripresi i cinque principi sulla food security del G8 dell’Aquila, che diventano i "Five Rome principles for sustainable food security" (il testo completo in inglese - pdf).

DIOUF RAMMARICATO - La mancanza di scadenze nel documento non è piaciuta al direttore generale della Fao Jacques Diouf, che prima dell'inizio del vertice aveva fatto uno sciopero della fame di 24 ore: "Mi rammarico, ma non ho negoziato io il documento anzi ne sono stato escluso. Se si fissa un obiettivo bisogna quantificare i termini, le scadenze, le quantità e le condizioni" ha detto in conferenza stampa. "Se non ci fosse stato un accordo sarebbe stato un chiaro insuccesso, ma avrei auspicato che fossero presenti anche i dirigenti dei Paesi che hanno le forze materiali per combattere la fame" ha concluso Diouf, spiegando che nei prossimi due anni servono 20 miliardi di dollari. "Abbiamo un impegno, in due anni dobbiamo tirar fuori questa cifra. L'importante è che questi soldi raggiungano i piccoli agricoltori nei Paesi in via di Sviluppo". In aggiunta ai 44 miliardi di dollari, da lui invocati ripetutamente come sostegno ai piccoli agricoltori, Diouf ha precisato che anche i Paesi in via di sviluppo potrebbero contribuire con il 10% dei bilanci nazionali per un totale di 76 miliardi di dollari. Parlando infine del suo sciopero della fame, ha detto che si è trattato di "un gesto di solidarietà verso le persone che hanno fame tutto l'anno", ispirato non a Marco Pannella (come qualcuno aveva ipotizzato), ma a Gandhi. Anche le Ong hanno protestato contro la mancanza di impegni concreti.

NAPOLITANO - La giornata è stata anche segnata dagli interventi del Papa e del presidente Napolitano. "La crisi economica e finanziaria insegna che ricchezza e benessere hanno valore se largamente e equamente distribuiti. È tempo di un rinnovato impegno da parte della comunità internazionale, specie dei Paesi più ricchi, per sconfiggere la povertà e per porre le basi di uno sviluppo sostenibile e diffuso" ha detto Giorgio Napolitano nel messaggio inviato al segretario generale dell'Onu e a tutte le autorità presenti al vertice.

"RISORSE PER TUTTI" - Alle 11.30 nella sede Fao di Roma ha preso la parola Benedetto XVI. "La Terra può nutrire tutti i suoi abitanti - ha detto nel suo discorso in francese -. Bisogna dunque vincere la lotta alla fame e alla malnutrizione". Il Papa ha parlato della "deprecabile" pratica di distruggere derrate alimentari per finalità di tipo economico e commerciale. E ha sottolineato la necessità di affrontare il problema in una prospettiva di lungo periodo con investimenti nello sviluppo rurale, infrastrutture, trasporti, diffusione di tecniche agricole appropriati. "Il cibo viene spesso considerato alla stregua di tutte le altre merci - ha poi evidenziato mettendo in risalto soprattutto lo sviluppo diseguale tra le nazioni nelle diverse parti del mondo e precisando che la fame non dipende dalla crescita demografica - e quindi vanno ripensati i meccanismi della distribuzione alimentare" (LEGGI il discorso integrale di Benedetto XVI)

BAMBINI DENUTRITI - Nel suo messaggio Napolitano aveva ricordato che "nel 2009 circa un miliardo di persone ha sofferto la fame" e evidenziato come "questa drammatica realtà non può lasciare indifferenti". Napolitano aveva inoltre espresso la propria fiducia "che i lavori del vertice faranno emergere preziose indicazioni per una rinnovata strategia mondiale sulla sicurezza alimentare". Un intervento, quello del capo dello Stato italiano, in linea con le parole di Ban Ki-moon, segretario generale delle Nazioni Unite, che ha evidenziato come "solo oggi 17mila bambini moriranno di fame, eppure il mondo ha abbastanza cibo per sfamarli e questo non è accettabile". Ban ha esortato il presidente Usa Barack Obama e il premier italiano Silvio Berlusconi come presidente del G8 a "continuare il lavoro fatto finora", ricordando l'impegno preso al G8 dell'Aquila di investire 21 miliardi di dollari nella lotta contro la fame, risorse "che va assicurato siano messe a disposizione dei poveri, coordinate bene e imperniate sul sistema multilaterale". Nel breve termine, ha esortato il segretario generale Onu, "servono risposte efficaci e concrete per le emergenze, con incrementi prevedibili dei finanziamenti nel lungo termine".

Il segretario generale dell'Onu, Ban Ki Moon (Afp)

Il segretario generale dell'Onu, Ban Ki Moon (Afp)

FAME E CLIMA - Ban Ki-moon ha parlato anche della necessità di politiche compatibili con l'ambiente, sottolineando come "non può esserci sicurezza alimentare senza sicurezza climatica". All'indomani dell'accordo a due tra Cina e Stati Uniti che riduce le aspettative di un accordo globale sul clima alla conferenza di Copenaghen, il numero uno dell'Onu lega dunque la possibilità di assicurare cibo a un maggior numero di persone a una vera lotta ai cambiamenti climatici. "È questa la ragione per cui, il mese prossimo a Copenaghen, abbiamo bisogno di un accordo globale che fornisca un fondamento solido per un accordo legalmente vincolante sui cambiamenti climatici - afferma Ban -. Dobbiamo ridurre le emissioni che stanno causando i cambiamenti climatici, dobbiamo tenere l'aumento delle temperature globali sotto i due gradi, dobbiamo aiutare i più vulnerabili ad adattarsi".

BERLUSCONI : "ORA LE DATE" - Silvio Berlusconi nel suo intervento ha sottolineato la necessità di fissare delle date: "L'anno scorso in questa sede, il direttore generale della Fao, Diouf, chiese di passare dalle parole a fatti: per quanto mi riguarda ho preso per buono questo invito e messo al centro del G8 de L'Aquila il problema dei soldi da trovare. Ora c'è da lavorare perché ogni Paese si assuma questo impegno in modo preciso, con date e modalità, affinché questi soldi possano andare ad aiutare gli agricoltori, soprattutto i piccoli agricoltori e implementare la produzione generale nel mondo, ciò che dovremmo fare tutti insieme durante questo Vertice". Nonostante la serietà dell'incontro, il premier non ha lesinato gag e battute con i delegati.

GHEDDAFI: "PROMESSE VANE" - Il leader libico Muhammar Gheddafi, che aveva già fatto parlare di sé per l'invito a 100 hostess a partecipare ad una serata di insegnamento del Corano, ha tuonato contro i Paesi occidentali e ha sottolineato che "tutte le decisioni e le promesse degli scorsi vertici" per combattere la fame si sono rivelate "cosa vana". E ha sottolineato che l'assenza di alcuni dei leader dei principali Paesi del mondo è la dimostrazione di come non vi sia la reale volontà di affrontare il problema. Ha poi puntato il dito contro la tendenza a considerare i Paesi in via di sviluppo come terre da colonizzare: "In Africa, investitori stranieri stanno rastrellando i terreni agricoli - ha detto Gheddafi, che è anche presidente dell'Unione africana - trasformandosi in nuovi latifondisti, contro i quali dobbiamo lottare".

 

16 novembre 2009(ultima modifica: 17 novembre 2009)

 

 

 

 

Vertice Fao, i cinque punti

1) Sostenere la responsabilità dei governi nazionali e la necessità di investire nei programmi di sviluppo rurale come predisposti dai singoli governi.

2) Maggiore coordinamento tra strategie nazionali, regionali e globali per un migliore impiego delle risorse.

3) Un approccio binario che consiste in un’azione diretta per rispondere all’emergenza alimentare immediata, ma anche nell’adozione di programmi a medio e lungo termine per eliminare le cause di fondo della fame e povertà.

4) Vigilare perché il sistema multilaterale giochi un ruolo centrale grazie a miglioramenti continui dell’efficienza, della reattività, del coordinamento e dell’efficacia delle istituzioni multilaterali (in questo punto viene affrontata anche la questione della riforma della Fao e si sottolinea come la realizzazione dei vari impegni di aiuto assunti dai governi - da ultimo nella dichiarazione del G8 a L’Aquila - sia "cruciale").

5) Garantire un impegno sostenuto e sostenibile da parte di tutti i partner a investire nell’agricoltura e nella sicurezza alimentare in maniera tempestiva e affidabile, con lo stanziamento delle risorse necessarie dell’ambito di piani e programmi pluriennali.

 

 

 

 

MANIFESTANO ANCHE GLI AGRICOLTORI ITALIANI: "CHIEDIAMO PREZZI GIUSTI"

Vertice Fao, la delusione delle Ong

"Nessun impegno concreto"

La protesta degli attivisti: "Approvato un documento privo di strumenti efficaci contro la fame nel mondo"

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L'intervento integrale del Papa

La protesta degli attivisti davanti alla sede della Fao (Reuters)

La protesta degli attivisti davanti alla sede della Fao (Reuters)

ROMA - Dentro i grandi, Papa incluso. Fuori tutti gli altri. I militanti delle Ong hanno eretto una tenda davanti alla Fao, dove è incorso il vertice mondiale per l'alimentazione, e protestano. Contro le multinazionali "che utilizzano il cibo come mezzo di speculazione". Ma anche, e soprattutto, contro la dichiarazione finale del vertice approvata nella plenaria di stamattinaper "l'assenza di ogni impegno concreto per affrontare, con politiche e risorse adeguate, lo scandalo del miliardo di persone che soffrono la fame".

LA DELUSIONE - I 600 delegati di organizzazioni contadine, di agricoltori, pescatori, donne, giovani indigeni e Ong internazionali riunite alla "Città dell'altra economia" per il Forum parallelo al Vertice della Fao hanno espresso grande delusione per la dichiarazione approvata. "Il modello di sviluppo e le politiche agricolo-alimentari fin qui perseguito - ha sottolineato in una nota il presidente dell'Associazione Ong italiane Sergio Marelli - hanno fatto sì che negli ultimi due anni il numero degli affamati crescesse di 200 milioni. Il prezzo pagato per ottenere il voto favorevole di Usa, Canada, Australia e degli altri paesi del G8 è troppo alto". Per Marelli, "aver tolto il riferimento temporale del 2025 per l'eliminazione totale della fame nel mondo, aver cancellato la necessità di stanziare 44 miliardi di dollari all'anno per il sostegno all'agricoltura come richiesto dal direttore generale della Fao Diouf, fanno di questa dichiarazione un documento "privo di ogni strumento per rendere efficace la lotta alla fame nel mondo". Inoltre, ha aggiunto Marelli, "l'assenza dei leader del G8 al vertice, anticipata con le dichiarazioni di ieri circa l'accordo tra Usa e Cina per sminuire i risultati del vertice di Copenaghen sul clima, è un chiaro messaggio di come i Paesi ricchi cerchino ancora di imporre la loro politica nei confronti di quelli poveri". Per Marelli, "le politiche agricolo-alimentari e la gestione delle risorse per la loro implementazione non possono che essere competenza delle agenzie specializzate dell'Onu (Fao, Pam, Ifad, ndr.) e non vanno consegnate alla Banca Mondiale come vorrebbero i G8".

CONTRO LE MULTINAZIONALI - "Circa l'80% delle persone che soffrono la fame vivono nelle zone rurali, ma la politica della Fao è quella di concentrarsi sulle multinazionali", è la denuncia di Henry Saragih, coordinatore generale de 'La Via Campesinà, movimento internazionale dei piccoli agricoltori. Davanti alla loro tenda, i militanti hanno interpretato una sceneggiata dove incarnano i piccoli produttori dell'America Latina e dell'Africa vessati dalle multinazionali tra cui il gigante americano Monsanto. E dalle organizzazioni della società civile giunge anche, attraverso un comunicato congiunto, l'invito ai grandi della terra di sostenere l'uso degli stock mondiali di prodotti agricoli "come passo essenziale per assicurare una sicurezza alimentare per tutti".

Trattori e agricoltori in piazza San Giovanni (Lapresse)

Trattori e agricoltori in piazza San Giovanni (Lapresse)

LA PROTESTA DEGLI AGRICOLTORI - E contemporaneamente a Roma sfilano trattori e agricoltori. "Chiediamo prezzi giusti". Questa la richiesta dei circa 700 agricoltori manifestano in piazza San Giovanni, in occasione dell'apertura del vertice Fao sulla sicurezza alimentare. "La situazione - dice un agricoltore siciliano - dell'agricoltura al sud è critica chiediamo dei prezzi giusti per vivere degnamente la nostra vita da contadini. Non è possibile vendere il grano a 13 centesimi, un quintale d'uva a 10 euro e un litro di olio extravergine di oliva a 3 euro". "Oltre ai prezzi - ha detto un altro manifestante - chiediamo che venga dato un contributo statale non alla produzione ma ai terreni. Per il grano è stato già fatto, ora manca il vigneto. Siamo qui a manifestare nel giorno in cui si apre il Summit della Fao e se non basta andremo a Bruxelles". I manifestanti hanno bloccato il traffico in piazza San Giovanni con 3 trattori. Quattro giorni fa gli agricoltori della Sicilia sono partiti con circa 300 trattori verso la capitale; la maggior parte di questi non hanno potuto partecipare alla manifestazione e sono bloccati all'Eur.

 

16 novembre 2009

 

 

 

 

 

L'INTERVENTO INTEGRALE

Il Papa: la fame segno estremo di povertà

Impossibile accettare spreco e opulenza

La prima volta di Benedetto XVI alla Fao

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Da Lula a Gheddafi e Mugabe, chi c'è

ROMA - Ecco il testo dell'intervento di Benedetto XVI alla Fao per l'apertura del vertice mondiale sull'alimentazione a Roma.

Signor Presidente, Signore e Signori!

Ho accolto con grande piacere l'invito del Signor Jacques Diouf, Direttore Generale della FAO, a prendere la parola nella sessione di apertura di questo Vertice Mondiale sulla Sicurezza Alimentare. Lo saluto cordialmente e lo ringrazio per le sue cortesi parole di benvenuto. Saluto le alte Autorità presenti e tutti i partecipanti.

Desidero rinnovare - in continuità con i miei venerati Predecessori Paolo VI e Giovanni Paolo II - la stima per l'azione della FAO, a cui la Chiesa Cattolica e la Santa Sede guardano con attenzione ed interesse per il quotidiano servizio di quanti vi lavorano. Grazie alla vostra generosa opera, sintetizzata nel motto Fiat Panis, lo sviluppo dell'agricoltura e la sicurezza alimentare rimangono fra gli obiettivi prioritari dell'azione politica internazionale. E sono certo che questo spirito orienterà le decisioni del presente Vertice, come pure quelle che saranno adottate nel comune intento di vincere quanto prima la lotta alla fame e alla malnutrizione nel mondo.

La Comunità internazionale sta affrontando in questi anni una grave crisi economico-finanziaria. Le statistiche testimoniano la drammatica crescita del numero di chi soffre la fame e a questo concorrono l'aumento dei prezzi dei prodotti alimentari, la diminuzione delle disponibilità economiche delle popolazioni più povere, il limitato accesso al mercato e al cibo. Tutto ciò mentre si conferma il dato che la terra può sufficientemente nutrire tutti i suoi abitanti. Infatti, sebbene in alcune regioni permangano bassi livelli di produzione agricola anche a causa di mutamenti climatici, globalmente tale produzione è sufficiente per soddisfare sia la domanda attuale, sia quella prevedibile in futuro. Questi dati indicano l'assenza di una relazione di causa-effetto tra la crescita della popolazione e la fame, e ciò è ulteriormente provato dalla deprecabile distruzione di derrate alimentari in funzione del lucro economico.

Nell’Enciclica Caritas in veritate ho osservato che "la fame non dipende tanto da scarsità materiale, quanto piuttosto da scarsità di risorse sociali, la più importante delle quali è di natura istituzionale. Manca, cioè, un assetto di istituzioni economiche in grado sia di garantire un accesso al cibo e all'acqua regolare e adeguato…, sia di fronteggiare le necessità connesse con i bisogni primari e con le emergenze di vere e proprie crisi alimentari…". Ed ho aggiunto: "Il problema dell'insicurezza alimentare va affrontato in una prospettiva di lungo periodo, eliminando le cause strutturali che lo provocano e promuovendo lo sviluppo agricolo dei Paesi più poveri mediante investimenti in infrastrutture rurali, in sistemi di irrigazione, in trasporti, in organizzazione dei mercati, in formazione e diffusione di tecniche agricole appropriate, capaci cioè di utilizzare al meglio le risorse umane, naturali e socio-economiche maggiormente accessibili a livello locale, in modo da garantire una loro sostenibilità anche nel lungo periodo" (n. 27).

In tale contesto, è necessario contrastare anche il ricorso a certe forme di sovvenzioni che perturbano gravemente il settore agricolo, la persistenza di modelli alimentari orientati al solo consumo e privi di una prospettiva di più ampio raggio e soprattutto l'egoismo, che consente alla speculazione di entrare persino nei mercati dei cereali, per cui il cibo viene considerato alla stregua di tutte le altre merci.

"La debolezza degli attuali meccanismi della sicurezza alimentare e la necessità di un loro ripensamento sono testimoniati, in un certo senso, dalla stessa convocazione di questo Vertice. Infatti, nonostante i Paesi più poveri siano integrati nell'economia mondiale più ampiamente che in passato, l'andamento dei mercati internazionali li rende maggiormente vulnerabili e li costringe a ricorrere all'aiuto delle Istituzioni intergovernative, che senza dubbio prestano un'opera preziosa e indispensabile. Il concetto, però, di cooperazione deve essere coerente con il principio di sussidiarietà: è necessario coinvolgere "le comunità locali nelle scelte e nelle decisioni relative all’uso della terra coltivabile" (ibid.), perché lo sviluppo umano integrale richiede scelte responsabili da parte di tutti e domanda un atteggiamento solidale che non consideri l'aiuto o l'emergenza come funzionali a chi mette a disposizione le risorse o a gruppi elitari presenti fra i beneficiari. Di fronte a Paesi che manifestano necessità di apporti esterni, la Comunità internazionale ha il dovere di partecipare con gli strumenti della cooperazione, sentendosi corresponsabile del loro sviluppo, "mediante la solidarietà della presenza, dell'accompagnamento, della formazione e del rispetto" (ibid., 47). All’interno di questo contesto di responsabilità si colloca il diritto di ciascun Paese a definire il proprio modello economico, prevedendo i modi per garantire la propria libertà di scelta e di obiettivi. In una tale prospettiva, la cooperazione deve diventare strumento efficace, libero da vincoli e da interessi che possono assorbire una parte non trascurabile delle risorse destinate allo sviluppo. E’ inoltre importante sottolineare come la via solidaristica per lo sviluppo dei Paesi poveri possa diventare anche una via di soluzione della crisi globale in atto. Sostenendo, infatti, con piani di finanziamento ispirati a solidarietà tali Nazioni, affinché provvedano esse stesse a soddisfare le proprie domande di consumo e di sviluppo, non solo si favorisce la crescita economica al loro interno, ma si possono avere ripercussioni positive sullo sviluppo umano integrale in altri Paesi (cfr ibid., 27).

"Nell’odierna situazione permane ancora un livello di sviluppo diseguale tra e nelle Nazioni, che determina, in molte aree del pianeta, condizioni di precarietà, accentuando la contrapposizione tra povertà e ricchezza. Tale confronto non riguarda più solo i modelli di sviluppo, ma anche e soprattutto la percezione stessa che sembra affermarsi circa un fenomeno come l'insicurezza alimentare. Vi è il rischio cioè che la fame venga ritenuta come strutturale, parte integrante delle realtà socio-politiche dei Paesi più deboli, oggetto di un senso di rassegnato sconforto se non addirittura di indifferenza. Non è così, e non deve essere così! Per combattere e vincere la fame è essenziale cominciare a ridefinire i concetti ed i principi sin qui applicati nelle relazioni internazionali, così da rispondere all'interrogativo: cosa può orientare l'attenzione e la successiva condotta degli Stati verso i bisogni degli ultimi? La risposta non va ricercata nel profilo operativo della cooperazione, ma nei principi che devono ispirarla: solo in nome della comune appartenenza alla famiglia umana universale si può richiedere ad ogni Popolo e quindi ad ogni Paese di essere solidale, cioè disposto a farsi carico di responsabilità concrete nel venire incontro alle altrui necessità, per favorire una vera condivisione fondata sull'amore.

Tuttavia, sebbene la solidarietà animata dall’amore ecceda la giustizia, perché amare è donare, offrire del ‘mio’ all’altro, essa non è mai senza la giustizia, che induce a dare all’altro ciò che è ‘suo’ e che gli spetta in ragione del suo essere e del suo operare. Non posso, infatti, ‘donare’ all’altro del ‘mio’, senza avergli dato in primo luogo ciò che gli compete secondo giustizia (cfr ibid., 6). Se si mira all'eliminazione della fame, l'azione internazionale è chiamata non solo a favorire la crescita economica equilibrata e sostenibile e la stabilità politica, ma anche a ricercare nuovi parametri - necessariamente etici e poi giuridici ed economici - in grado di ispirare l'attività di cooperazione per costruire un rapporto paritario tra Paesi che si trovano in un differente grado di sviluppo. Ciò, oltre a colmare il divario esistente, potrebbe favorire la capacità di ogni Popolo di sentirsi protagonista, confermando così che la fondamentale uguaglianza dei diversi Paesi affonda le sue radici nella comune origine della famiglia umana, sorgente di quei principi della "legge naturale" chiamati ad ispirare scelte ed indirizzi di ordine politico, giuridico ed economico nella vita internazionale (cfr ibid., 59). San Paolo ha parole illuminanti in merito: "Non si tratta infatti – egli scrive - di mettere in difficoltà voi per sollevare gli altri, ma che vi sia uguaglianza. Per il momento la vostra abbondanza supplisca alla loro indigenza, perché anche la loro abbondanza supplisca alla vostra indigenza, e vi sia uguaglianza, come sta scritto: Colui che raccolse molto non abbondò, e colui che raccolse poco non ebbe di meno" (2 Cor 8,13-15). 6.

Signor Presidente, Signore e Signori, per combattere la fame promuovendo uno sviluppo umano integrale occorre anche capire le necessità del mondo rurale, come pure evitare che la tendenziale diminuzione dell'apporto dei donatori crei incertezze nel finanziamento delle attività di cooperazione: va scongiurato il rischio che il mondo rurale possa essere considerato, in maniera miope, come una realtà secondaria. Al tempo stesso, va favorito l'accesso al mercato internazionale dei prodotti provenienti dalle aree più povere, oggi spesso relegati a spazi limitati. Per conseguire tali obiettivi è necessario sottrarre le regole del commercio internazionale alla logica del profitto fine a se stesso, orientandole a favore dell'iniziativa economica dei Paesi maggiormente bisognosi di sviluppo, che, disponendo di maggiori entrate, potranno procedere verso quell'autosufficienza, che è preludio alla sicurezza alimentare.

Non si devono poi dimenticare i diritti fondamentali della persona tra cui spicca il diritto ad un’alimentazione sufficiente, sana e nutriente, come pure all’acqua; essi rivestono un ruolo importante per il conseguimento di altri diritti, ad iniziare da quello, primario, alla vita. È necessario, pertanto maturare "una coscienza solidale, che consideri l'alimentazione e l'accesso all'acqua come diritti universali di tutti gli esseri umani, senza distinzioni né discriminazioni" (Caritas in veritate, 27). Quanto pazientemente è stato realizzato in questi anni dalla FAO, se da un lato ha favorito l'allargamento degli obiettivi di questo diritto rispetto alla sola garanzia di soddisfare i bisogni primari, dall'altro ha evidenziato la necessità di una sua regolamentazione adeguata.

I metodi di produzione alimentare impongono altresì un’attenta analisi del rapporto tra lo sviluppo e la tutela ambientale. Il desiderio di possedere e di usare in maniera eccessiva e disordinata le risorse del pianeta è la causa prima di ogni degrado dell’ambiente. La tutela ambientale si pone quindi come una sfida attuale per garantire uno sviluppo armonico, rispettoso del disegno della creazione di Dio e dunque in grado di salvaguardare il pianeta (cfr ibid., 48-51). Se l'umanità intera è chiamata ad essere cosciente dei propri obblighi verso le generazioni che verranno, è anche vero che sugli Stati e sulle Organizzazioni Internazionali ricade il dovere di tutelare l'ambiente come bene collettivo. In tale ottica, vanno approfondite le interazioni esistenti tra la sicurezza ambientale e il preoccupante fenomeno dei cambiamenti climatici, avendo come focus la centralità della persona umana ed in particolare delle popolazioni più vulnerabili a entrambi i fenomeni. Non bastano però normative, legislazioni, piani di sviluppo e investimenti, occorre un cambiamento negli stili di vita personali e comunitari, nei consumi e negli effettivi bisogni, ma soprattutto è necessario avere presente quel dovere morale di distinguere nelle azioni umane il bene dal male per riscoprire così i legami di comunione che uniscono la persona e il creato.

È importante ricordare – ho osservato sempre nell’Enciclica Caritas in veritate - che "il degrado della natura è… strettamente connesso alla cultura che modella la convivenza umana: quando l'"ecologia umana" è rispettata dentro la società, anche l'ecologia ambientale ne trae beneficio". È vero: "Il sistema ecologico si regge sul rispetto di un progetto che riguarda sia la sana convivenza in società sia il buon rapporto con la natura". Ed "Il problema decisivo è la complessiva tenuta morale della società". Pertanto, "i doveri che abbiamo verso l'ambiente si collegano con i doveri che abbiamo verso la persona considerata in se stessa e in relazione con gli altri. Non si possono esigere gli uni e conculcare gli altri. Questa è una grave antinomia della mentalità e della prassi odierna, che avvilisce la persona, sconvolge l'ambiente e danneggia la società" (cfr ibid., 51). 10.

La fame è il segno più crudele e concreto della povertà. Non è possibile continuare ad accettare opulenza e spreco, quando il dramma della fame assume dimensioni sempre maggiori. Signor Presidente, Signore e Signori, da parte della Chiesa cattolica ci sarà sempre attenzione verso gli sforzi per sconfiggere la fame; ci sarà l'impegno a sostenere, con la parola e con le opere, l'azione solidale - programmata, responsabile e regolata - che tutte le componenti della Comunità internazionale saranno chiamate ad intraprendere. La Chiesa non pretende di interferire nelle scelte politiche; essa, rispettosa del sapere e dei risultati delle scienze, come pure delle scelte determinate dalla ragione quando sono responsabilmente illuminate da valori autenticamente umani, si unisce allo sforzo per eliminare la fame. È questo il segno più immediato e concreto della solidarietà animata dalla carità, segno che non lascia spazio a ritardi e compromessi. Tale solidarietà si affida alla tecnica, alle leggi ed alle istituzioni per venire incontro alle aspirazioni di persone, comunità e interi popoli, ma non deve escludere la dimensione religiosa, con la sua potente forza spirituale e di promozione della persona umana. Riconoscere il valore trascendente di ogni uomo e di ogni donna resta il primo passo per favorire quella conversione del cuore che può sorreggere l’impegno per sradicare la miseria, la fame e la povertà in tutte le loro forme.

Ringrazio per il cortese ascolto, mentre, in conclusione, rivolgo un saluto augurale, nelle lingue ufficiali della FAO, a tutti gli Stati membri dell'Organizzazione: God bless your efforts to ensure that everyone is given their daily bread.

Grazie.

 

16 novembre 2009

 

 

 

 

2009-11-16

Lotta contro la fame,

alla Fao il giorno del Papa

Inizia il vertice. Per l’emergenza cibo chiesti 44 miliardi

ROMA — A nove anni da quando schiere di capi di Sta­to e di governo si impegnaro­no davanti alle Nazioni Unite a dimezzare entro il 2015 il numero delle persone che sof­frono la fame, allora circa 800 milioni, gli abitanti malnutri­ti della Terra hanno superato il miliardo. E’ il numero più alto dal 1970, e i raffronti si fermano a quell’anno perché per prima i confronti non di­sporrebbero di statistiche omogenee. Di recente, prezzi alti dei cereali nei Paesi pove­ri e crisi finanziaria interna­zionale hanno contribuito a far aumentare gli affamati. Non era però un destino ine­luttabile. "Ci troviamo in un mondo assurdo. Perché disponiamo di tutti i mezzi tecnici e le ri­sorse per fronteggiare il dramma della fame, ma non riusciamo a porvi rimedio", ha constatato Jacques Diouf, il senegalese che aprirà oggi a Roma il "Vertice mondiale sulla sicurezza alimentare" in qualità di direttore generale della Fao, organizzazione del­l’Onu per cibo e l’agricoltura.

A ricordare che il corso del­le cose potrebbe essere diver­so, nel palazzo di viale Aventi­no sarà anche il Papa. Lo farà davanti a Silvio Berlusconi, che è previsto sia eletto presi­dente della riunione perché capo di governo nel Paese ospitante, e davanti a Muam­mar el Gheddafi, che interver­rà prima di alcuni capi di Sta­to. Nella sala verrà notata l’as­senza di Barack Obama, anco­ra in Cina, e la presenza di un despota messo all’indice dal­l’Occidente, e non solo, qual è il presidente dello Zimba­bwe Robert Mugabe. E’ presumibile che Benedet­to XVI si muoverà secondo la linea ripresa sabato dal porta­voce della Santa Sede, padre Federico Lombardi, in un edi­toriale per il Centro televisivo vaticano: il vertice "si svolge in uno scenario della cui drammaticità ci si dimentica troppo spesso". Anche quando non muore, ha detto Lombardi, chi pati­sce la fame "vive a metà". La strada da percorrere a suo av­viso è "favorire lo sviluppo agricolo dei Paesi più pove­ri ": "Non dovrebbe essere dif­ficile per i partecipanti al ver­tice di Roma. Ma poi bisogna agire di conseguenza".

Ap­plaudiranno in tanti. Non tut­ti avrebbero titolo a farlo. Malgrado le promesse di far salire gli aiuti ai Paesi in via di sviluppo a un valore pa­ri allo 0,5% del prodotto inter­no lordo nel 2010 e allo 0,7% nel 2015, l’Italia resta lontana dagli obiettivi. E’ stata al livel­lo dello 0,22% nel 2008 (con un lieve incremento: ma per­ché sono stati conteggiati an­che i soldi delle Regioni) ed è previsto si fermi intorno allo 0,20 quest’anno. I fondi per la cooperazione allo sviluppo assegnati al mi­nistero degli Esteri sono po­chi. E scarsi si profila che ri­mangano nel 2010: circa 330 milioni di euro, incluse le spe­se per le strutture a Roma. Nel 2009, i fondi sono stati ta­gliati dell’85% circa rispetto al 2007. Dal governo si era parlato di un riallineamento, ossia un’iniezione di soldi per ripianare le discese. Non si vede all’orizzonte. E l’Italia non ha ancora pagato i 130 milioni di dollari, più altri 30, promessi da Berlusconi nel G8 dell’Aquila al fondo con­tro malaria, Aids, tubercolosi. Nell’enciclica Caritas in ve­ritate , Benedetto XVI si è ap­pellato alla responsabilità in più direzioni. Non va trascu­rata, ha scritto, "un’equa ri­forma agraria nei Paesi in via di sviluppo". Se ne parlerà nel vertice fino a mercoledì. Come sempre, l’effetto degli impegni si verificherà dopo. Stavolta, c’è una scaltrezza: la Fao chiede 44 miliardi di dol­lari l’anno di aiuti all’agricol­tura, ma gli Stati non trovano l’accordo per scriverlo nella bozza di documento finale.

Maurizio Caprara

16 novembre 2009

 

 

 

 

 

La moglie di Ahmadinejad alle first ladies

"Il capitalismo è la causa della povertà"

Primo discorso pubblico di Azam al-Sadat Farahi al vertice Fao, completamente coperta da un chador nero

ROMA - Azam al-Sadat Farahi, completamente coperta da un chador nero e con occhiali scuri, si è scagliata contro "l'attitudine mercantilistica dello sfruttamento delle risorse e la politica dell'occupazione", principali cause della povertà nel mondo. La moglie del presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad ha tenuto il suo primo discorso pubblico davanti a un gruppo di first ladies mondiali, riunite a Roma alla vigilia del vertice Fao. Il marito invece non si farà vedere.

L'ESPERIMENTO IRANIANO - "L'attitudine mercantilistica dello sfruttamento delle risorse e la politica dell'occupazione e del riarmo sono responsabili del l'imposizione della povertà in una larga sezione della popolazione mondiale e in particolare nelle donne" ha detto Azam al-Sadat Farahi, ricordando che oltre un miliardo di persone soffrono la fame nel mondo e proponendo come possibile soluzione l'esperimento iraniano. Realizzato seguendo "gli insegnamenti religiosi", vuole garantire la sicurezza alimentare alle famiglie. Dopo aver donato alle colleghe un libro intitolato "La sicurezza e l'etica nella famiglia iraniana", Azam al-Sadat ha spiegato che nel suo Paese è in atto un progetto che prevede un forte supporto nella diffusione dell'allattamento tra le mamme, ma anche la cooperazione e l'aiuto sociale tra le piccole famiglie. Quindi ha sottolineato l'importanza dei diritti delle donne, cui i mariti devono garantire cibo, vestiti e la casa. Un'attenzione particolare, nel programma iraniano per la sicurezza alimentare, è prevista anche per la protezione e diffusione dell'acqua e dell'agricoltura. In conclusione del suo discorso lady Ahmadinejad ha lanciato un appello per i palestinesi di Gaza, chiedendo che "finisca immediatamente la grave oppressione che impedisce alla popolazione di ricevere medicine e cibo".

VIGILIA DEL VERTICE - Il summit delle first ladies dei Paesi non allineati ha fatto da apripista al vertice Fao, al via lunedì. Guidato da Suzanne Sabet, moglie del presidente egiziano Hosni Mubarak, aveva all'ordine del giorno il tema dell'accesso delle donne alle risorse produttive. Presente anche Isabella Rauti, moglie del sindaco di Roma Gianni Alemanno e capo del Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio. La partecipazione della moglie di Ahmadinejad non ha mancato di suscitare polemiche: la sua presenza è stata aspramente criticata dall'associazione dei rifugiati politici iraniani residenti in Italia. "Il regime liberticido e terrorista dei mullah ha mandato a Roma in segno di oltraggio e disappunto alla comunità internazionale la moglie del presidente di un regime che ha represso in sangue e continua a reprimere le pacifiche manifestazioni del popolo iraniano per la libertà e la democrazia" dice il presidente dell'associazione Karimi Davood. I rifugiati chiedono dunque al governo italiano di "espellere la moglie di Ahmadinejad prima possibile, evitando il diffondersi delle propagande terroristiche".

 

15 novembre 2009

 

 

 

 

 

 

Dietro le quinte "Studiate l’Islam e convertitevi. Gesù non fu crocifisso, un sosia al posto suo"

Gheddafi invita 100 hostess e fa lezione

Alle ospiti 60 euro di diaria e una copia del Corano in regalo

ROMA — I pulmini della so­cietà "Hostessweb" arrivano in fila indiana in via Cortina d’Am­pezzo e si fermano a qualche de­cina di metri dalla blindatissima villa. Scendono ragazze, tante ra­gazze. Con spolverini di cache­mire , tailleur. Nessuna in mini­gonna. Tacchi alti sì, ma niente scollature. Sono tutte lì per il Co­lonnello. Pensano di andare a una "serata di gala", ma non sanno che le aspetta una lezione di Islam nella quale si sentiran­no dire: "Ma lo sapete che al po­sto di Gesù hanno crocifisso uno che gli somigliava?". Ad accoglierle davanti alla re­sidenza dell’ambasciata c’è uno schieramento di libici con il tur­bante bianco e adesso loro, un po’ intimidite, si sottopongono alle misure di sicurezza: passa­no attraverso il metal detector, si scambiano occhiate di auto­rassicurazione e poi via, entrano nella sontuosa sala con divani bianchi e rossi disposti a ferro di cavallo. Gheddafi atto secondo. Dopo la visita-choc dello scorso giugno a Roma, quando fece andare su tutte le furie il presidente Fini che visto il ritardo di due ore annullò l’incontro nell’aula di Montecitorio, ieri sera è andata in scena un’altra delle "strava­ganze " del Colonnello. In gran segreto, alla vigilia del vertice Fao sulla fame nel mondo, il raís ha lanciato una specie di concorso attraverso una società di pubbliche relazioni. "Cercan­si 500 ragazze piacevoli, tra i 18 e i 35 anni, alte almeno un me­tro e 70, ben vestite ma, rigoro­samente, non in minigonna o scollate", è stato il messaggio dell’agenzia, che ha offerto ad ognuna un "gettone" di 60 eu­ro. Per fare cosa? "L’obiettivo è avere alcuni scambi di opinione e donare omaggi libici", chiari­va la "lettera d’ingaggio". Però, stavolta, qualcuno l’ha pensata fina. È una giornalista dell’ Ansa , Paola Lo Mele, che ha risposto alla "chiamata" e si è finta hostess. Adesso c’è anche lei a varcare la soglia della villa, mentre un addetto alla vigilanza a chi chiede informazioni ri­sponde serafico: "Niente di inte­ressante, solo un congresso me­dico... ". Dentro, intanto, Gheddafi sa­le in cattedra. E, a differenza di quanto si aspettavano le oltre 100 invitate a questa prima sera­ta, l’incontro prende una piega seria, per qualcuna addirittura noiosa. Il Colonnello seduto in poltrona, affiancato dall’amba­sciatore Hafed Gaddur, dall’in­terprete e da due "amazzoni" in divisa, è di fronte a tutte e inizia a parlare. "Non è vero che l’Islam è contro le donne", pre­mette. "Convertitevi — aggiun­ge — chi crede in Dio è musul­mano. Il Corano è uno e non è mai cambiato, mentre i Vangeli sono quattro". Poi l’affermazio­ne sul "sosia del Cristo in croce" che suscita incredulità in sala. Finché arriva il momento del ca­deau : il raís distribuisce a tutte una copia del "Glorioso Cora­no ", il "Libro verde" della rivo­luzione e un opuscolo dal titolo "Come essere musulmano?". È quasi mezzanotte. La lezio­ne è finita, si alza un applauso. Il Colonnello le saluta, le ragazze escono dal cancello: "Mi ha con­vinto, mi convertirò all’Islam", annuncia Rea Beko, origini alba­nesi, mediatrice finanziaria. "Eravamo 104 e nessuna di noi aveva la gonna sopra al ginoc­chio: una lezione seria, però cer­to ci aspettavamo almeno uno spuntino", dice Silvia Figliozzi, laureanda in Ingegneria. "An­drò presto in Libia con un grup­po di amiche", promette la bion­dissima Francesca Grasso. Ma Clio Evans, riccetta mora elegan­tissima, scuote la testa: "È stato un educato invito alla conversio­ne, ma io non ho intenzione di raccoglierlo".

Fabrizio Caccia Fabrizio Peronaci

16 novembre 2009

REPUBBLICA

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http://www.repubblica.it/

2009-11-17

Il Papa: "Non è più possibile accettare opulenza e spreco" di fronte ad un dramma

planetario che vede morire ogni giorno 17 mila bambini: uno ogni cinque secondi"

Vertice Fao, la delusione delle Ong

"Solo parole, servono 44 miliardi"

Nel mirino delle organizzazioni non governative, la scarsa concretezza di un summit

in cui si è parlato tanto e deciso poco. I "5 princìpi" per un'azione globale

di CARLO CIAVONI

Vertice Fao, la delusione delle Ong "Solo parole, servono 44 miliardi"

Jacques Diouf

ROMA - "Alla fine di questa giornata, quando saremo ancora qui, oltre 17 mila bambini saranno morti di fame. Ne scompare uno ogni cinque secondi. Sei milioni in un anno". Ha scelto parole raggelanti il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, per dare inizio al Vertice mondiale sulla sicurezza alimentare della Fao, che s'è aperto a Roma.

LA CRONACA DELLA GIORNATA

Nel palazzo di viale delle Terme di Caracalla si svolge l'ennesimo confronto tra capi di Stato e di governo - ne sono arrivati una sessantina, assenti i Paesi ricchi - sulla tragedia planetaria della fame nel mondo, che ha ucciso - solo nel 2009 - un miliardo e duecento milioni di persone. Una verità che atterrisce, ma che lascia ancora indifferente la maggioranza di quella parte del mondo ricco, principale responsabile degli immorali squilibri sociali ed economici che ci sono in questo mondo.

Eppure, da "... E' arrivato il momento di rimboccarci le maniche..." di Berlusconi a "Ci vuole più impegno per debellare la povertà... " le frasi vuote e scontate non sono mancate. E' mancata invece un'assunzione di responsabilità tangibile, quanto meno per avviare un processo di cancellazione di questa piaga. I capi di Stato e di governo hanno approvato la dichiarazione in cinque punti con gli impegni per un'azione globale contro la fame.

Le richieste di Diouf. Tuttavia, il documento non dice una parola rispetto alla richiesta del direttore generale della Fao, il senegalese Jacques Diouf, che stamane ha chiesto 44 miliardi di dollari da destinare allo sviluppo agricolo e alle infrastrutture nei Paesi poveri. Aggiungendo anche che ''i fondi per la Fao risultano ridotti di un 22% rispetto ai livelli del 1994 e del 32% rispetto al personale impiegato''.

Poi sono arrivate le parole del Papa, che ha parlato di "egoismo" aggiungendo che: "Non è più sopportabile assistere ad opulenze e sprechi ". E sono arrivate anche quelle di Gheddafi: "L'assenza qui dei Paesi ricchi è un segno della scarsa volontà di risolvere il problema della fame". Parole che hanno fatto eco a quelle del direttore della Fao, mentre il traffico di Roma andava in tilt e si animavano le proteste degli agricoltori e delle Ong davanti al palazzo.

Benedetto XVI. "Non è possibile continuare ad accettare opulenza e spreco, quando il dramma della fame assume dimensioni sempre maggiori!". Con questa esclamazione Benedetto XVI ha concluso il suo discorso. Un discorso che era cominciato con un'analisi della situazione economica mondiale: "La comunità i

internazionale sta affrontando una grave crisi economico finanziaria. Le statistiche testimoniano la crescita del numero di chi soffre la fame e a questo concorrono l'aumento dei prezzi dei prodotti alimentari, la diminuzione delle disponibilità economiche delle popolazioni più povere, il limitato accesso al mercato e al cibo".

Per favorire un adeguato approvvigionamento alimentare a tutte le popolazioni del pianeta, "è necessario contrastare il ricorso a certe forme di sovvenzioni che perturbano gravemente il settore agricolo, la persistenza di modelli alimentari orientati al solo consumo e privi di una prospettiva di più ampio raggio e soprattutto l'egoismo, che consente alla speculazione di entrare persino nei mercati dei cereali, per cui il cibo viene considerato alla stregua di tutte le altre merci", ha aggiunto il Papa nel suo discorso.

Fra le cause all'origine della grave crisi alimentare mondiale, non c'è solo l'aumento demografico, ma anche l'eccessivo e sconsiderato uso delle risorse ambientali, un legame importante fra cambiamenti climatici mondiali e questione alimentare. E poi: "I metodi di produzione alimentare impongono un'attenta analisi del rapporto tra lo sviluppo e la tutela ambientale. Il desiderio di possedere e di usare in maniera eccessiva e disordinata le risorse del pianeta è la causa prima di ogni degrado dell'ambiente".

La proposta di Barroso. Il presidente della Commissione europea José Barroso ha proposto un "sistema di allarme rapido", basato su dati scientifici, per la sicurezza alimentare. Nel suo discorso ha puntato l'attenzione sul nesso tra sicurezza alimentare, sicurezza mondiale e lotta contro il cambiamento climatico. "Un mondo dove un miliardo di persone sono affamate - ha detto - è non solo una macchia sulla nostra coscienza collettiva, ma anche una crescente minaccia per la sicurezza mondiale. Come la lotta contro il cambiamento climatico, anche la lotta contro la fame non può aspettare: dobbiamo riuscire a dimezzare la fame nel mondo entro il 2015, secondo quanto previsto dagli obiettivi di sviluppo del millennio".

Giorgio Napolitano. Il capo dello Stato ha inviato un messaggio: "Questa drammatica realtà, aggravata ulteriormente dalla crisi economica e finanziaria, non può lasciare indifferenti. Proprio la crisi economica e finanziaria insegna che ricchezza e benessere hanno valore se largamente ed equamente distribuiti. La comunità internazionale deve impegnarsi per porre le basi di uno sviluppo sostenibile e diffuso".

Silvio Berlusconi. "L'anno scorso in questa sede - ha detto il presidente del Consiglio - il direttore generale della Fao chiese di passare dalle parole ai fatti: per quanto mi riguarda ho preso per buono questo invito, e messo al centro del G8 dell'Aquila il problema dei soldi da trovare". Proprio all'Aquila, ha ricordato il premier, è stato lanciato un programma da 20 miliardi di dollari per i prossimi tre anni. "Ora - annuncia - c'è da lavorare perché ogni Paese si assuma questo impegno in modo preciso, con date e modalità, affinché questi soldi possano andare ad aiutare gli agricoltori, soprattutto i piccoli agricoltori ed implementare la produzione generale nel mondo, ciò che dovremmo fare tutti insieme durante questo vertice".

Muammar Gheddafi. Nel suo lungo discorso, il leader libico, dopo aver segnalato l'assenza dei Paesi ricchi nel summit, ha aggiunto che "la situazione più drammatica in Africa è quella delle sementi, monopolizzate da imprese diaboliche". E ancora: "Dobbiamo smantellare questo monopolio, la Fao deve farlo in ogni Paese".

Il colonnello ha poi lanciato un allarme, parlando da presidente dell'Unione Africana: "In Africa, investitori stranieri stanno rastrellando i terreni agricoli trasformandosi in nuovi latifondisti, contro i quali dobbiamo lottare". Le emergenze ambientali nel continente sono molte e Gheddafi, nel suo intervento, ha ricordato quella del Lago Ciad, a rischio di prosciugamento, così come rischiano di prosciugarsi i bacini idrici del Senegal e il Delta del Nilo.

Hosni Mubarak. Se i Paesi ricchi non accettano di rivedere le "politiche protezioniste che hanno causato il maggior danno al settore dell'agricoltura nei Paesi in via di sviluppo il problema non si può risolvere", ha detto il presidente egiziano Hosni Mubarak. C'è poi il capitolo degli interventi d'emergenza per fornire aiuti alimentari "in modo urgente ed efficace alla categorie più bisognose: e ribadisco il riferimento alla deteriorata situazione umanitaria nella Striscia di Gaza, come conseguenza dell'assedio continuo di Israele".

Ignacio Lula. Per il presidente brasiliano il modello del suo Paese è il più adatto a sconfiggere la fame: "La più terribile tra le armi di distruzione di massa", ha detto. Un modello vincente, perché è servito a sconfiggere la denutrizione nel Paese più vasto dell'America Latina e perché, dopo, ha messo le proprie conoscenze a disposizione degli altri Paesi. Sono state le determinazioni politiche che ci hanno permesso di raggiungere ottimi risultati con una forte rete di previdenza sociale e incentivando l'attivazione di programmi per l'agricoltura familiare, componente essenziale di questa strategia".

Soprattutto "il Brasile ha trasferito senza condizioni la tecnologia di punta che ha influenzato la nostra agricoltura e condividiamo le nostre politiche con gli altri". Ma il ruolo delle Nazioni Unite e della Fao, ha aggiunto, "è decisivo". La constatazione amara, ha aggiunto, è che però "la metà delle risorse che i leader mondiali hanno investito per salvare le banche, renderebbe possibile eliminare la fame in tutto il mondo. E questo dimostra che la lotta resta ancora marginale nelle priorità politiche globali".

Gianni Alemanno. "Nel documento finale del vertice sono confermati gli obiettivi di dimezzamento degli affamati nel mondo entro il 2015. Manca però una chiara indicazione dell'impegno finanziario. Una mancanza a cui si deve porre rimedio. Al di là dell'assenza dei leader mondiali, che disturba - ha detto il sindaco di Roma - c'è il problema di fondo di avere la garanzia che i 20 miliardi di euro stanziati nel G8 arrivino realmente ai produttori agricoli, cioè a coloro che devono combattere il dramma della fame". Secondo il primo cittadino della capitale, occorre muoversi su tre linee: il riconoscimento della dignità degli agricoltori, una maggiore consapevolezza del problema e una politica che si comporti in maniera retta. Alemanno ha precisato che la città di Roma ha preso a cuore questo impegno ed è orgogliosa di ospitare il vertice.

Le ONG. I militanti delle Ong, riuniti sotto una tenda davanti alla Fao, hanno protestato contro le multinazionali "che utilizzano il cibo come mezzo di speculazione". "Circa l'80 per cento delle persone che soffrono la fame vivono nelle zone rurali, ma la politica della Fao è quella di concentrarsi sulle multinazionali", è la denuncia di Henry Saragih, coordinatore generale de 'La Via Campesina', movimento internazionale dei piccoli agricoltori. Davanti alla loro tenda, i militanti hanno messo in scena una sorta di rappresentazione teatrale, dove incarnano i piccoli produttori dell'America Latina e dell'Africa, vessati dalle multinazionali.

Le Organizzazioni Non Governative si dicono insoddisfatte dal piano in "cinque punti" varato a Roma, denunciano le "troppe omissioni" del testo ufficiale e lanciano la campagna "Ok, il prezzo è ingiusto". Il rapporto "Fame di Cambiamento" rivela che esiste una gamma di possibilità per fermare la malnutrizione, causa di danni irreversibili allo sviluppo fisico e cognitivo dei bambini, sin dal loro concepimento al compimento del secondo anno di vita.

Nei Paesi in via di sviluppo, l'11% dei bambini è malnutrito già da prima della nascita, poiché la crescita viene compromessa dall'alimentazione scarsa delle loro madri. David Mepham, direttore di Save The Children ha rivelato che in molti Paesi poveri solo il 5% dei bambini ha una dieta diversificata, mentre il resto non riesce ad avere il sufficiente apporto di vitamine, utili per il loro sviluppo fisico e cognitivo.

Più di metà dei bambini che vivono in questi Paesi basa la propria nutrizione sulla combinazione al massimo di tre diversi alimenti e non riesce pertanto ad avere una dieta equilibrata. "Sappiamo come combattere la fame dei bambini e sappiamo quanti fondi sono necessari per farlo, ma si continua a non dare all'alimentazione la giusta importanza e tutto ciò deve cambiare - continua Mepham - Auspichiamo che alla fine di questo summit, ci sia un serio impegno a dire basta alla fame: è scandaloso che i leader mondiali stiano trascurando un problema così grande e la cui risoluzione è così ovvia".

Gli agricoltori. Gli agricoltori del Sud Italia hanno dato vita ad un corteo, dopo essersi radunati in piazza San Giovanni in Laterano a Roma per protestare contro la crisi dell'agricoltura. Hanno percorso via Emanuele Filiberto - chiusa al traffico - per arrivare poi in Piazza Vittorio, all'Esquilino, dove hanno protestato per tutto il pomeriggio. "Noi agricoltori stiamo diventando dei pezzenti - ha detto un manifestante - perché non riusciamo a comprare neanche il pane che noi produciamo".

I circa 600 tra piccoli produttori, contadini e pescatori arrivati da oltre 70 paesi per dare vita al Forum Parallelo della società civile, hanno ripreso molti degli argomenti del presidente brasiliano nella loro protesta sotto una tenda davanti al Vertice. "Abbiamo bisogno di una vera riforma agraria globale - ha detto Henry Saragih, coordinatore generale de La Via Campesina - perché l'80% degli affamati sono piccoli produttori di cibo e ancora non hanno avuto il piacere di ricevere, oltre che parole, azioni concrete".

© Riproduzione riservata (16 novembre 2009)

 

 

 

 

Nel documento finale del vertice sulla sicurezza alimentare

non ci sono i 44 miliardi chiesti da Diouf, ma un piano strategico

Fao, niente soldi solo un impegno politico

Nel documento i "cinque punti di Roma"

Confermato quanto stabilito all'Aquila: dimezzare il numero degli affamati entro il 2015

di VINCENZO NIGRO

Fao, niente soldi solo un impegno politico Nel documento i "cinque punti di Roma"

Jacques Diouf

ROMA - La prima giornata del vertice Fao di Roma conferma gli accordi della vigilia: per ora nessuno dei 192 Paesi dell'organizzazione Onu accetta di impegnare nuovi fondi per combattere la fame nel mondo. Gli impegni rimangono quelli fissati dal vertice G8 dell'Aquila, ma il summit di Roma mostra una nuova consapevolezza politica sui temi dell'alimentazione. La dichiarazione finale si apre con la conferma del fatto che "i governi rafforzeranno i loro sforzi per dimezzare il numero degli affamati entro il 2015". Per raggiungere quegli obiettivi non ci saranno però nuovi impegni finanziari: mancano insomma quei 44 miliardi di dollari all'anno che il direttore generale della Fao Jacques Diouf aveva chiesto nei giorni scorsi.

Negoziata fino all'ultimo dagli ambasciatori dell'organizzazione Onu, la "Dichiarazione finale di Roma" è un testo di 41 paragrafi che si compone di un preambolo, di una definizione degli obiettivi, tra cui in primis viene ribadito proprio il primo obiettivo dei Millennium Goals (dimezzamento della povertà entro il 2015). Su questo tema è stato raggiunto un compromesso forse poco onorevole per gli stati membri della Fao: qualcuno aveva proposto realisticamente di modificare al 2025 la data-obiettivo. Con il numero delle persone affamate che per la prima volta è salito sopra il miliardo, confermare un obiettivo come quello del 2015 è assolutamente irrealistico. Ma la maggioranza non ha voluto assumersi l'onere di scrivere nero su bianco che quell'obiettivo non potrà mai essere raggiunto.

Dopo il preambolo iniziale e dopo aver definito gli "Obiettivi strategici" che da anni sono quelli della Fao, la Dichiarazione di Roma nella terza parte (Commitments and actions) riprende i cinque cinque principi sulla Food Security dell'Aquila. Sono diventati i "Five Rome Principles for Sustainable Food Security""

I cinque punti:

1) sostenere la responsabilità dei governi nazionali e la necessità di investire in piani di sviluppo country-owned;

2) sostenere un maggiore coordinamento tra strategie nazionali, regionali e globali, promuovere una migliore distribuzione delle risorse, evitare una duplicazione degli sforzi;

3) approccio "two-track", e cioé rispondere all'emergenza alimentare immediata, ma preparare anche misure di sviluppo di medio-lungo termine per affrontare le cause di fondo di povertà e malnutrizione;

4) vigilare affinché il sistema multilaterale giochi un ruolo centrale grazie a miglioramenti continui dell'efficienza, della reattività, del coordinamento e dell'efficacia delle istituzioni multilaterali.

In questo quarto punto viene affrontata anche la questione della riforma della Fao, un organismo che molti Paesi vorrebbero meno elefantiaco e burocratico, più orientato verso il raggiungimento dello scopo finale di aiutare le popolazioni dei Paesi in via di sviluppo.

5) garantire un impegno sostenuto e sostenibile da parte di tutti i partner ad investire nell'agricoltura e nella "food security" in maniera tempestiva e affidabile, con la messa a disposizione delle risorse necessarie nel quadro di piani e programmi biennali.

© Riproduzione riservata (16 novembre 2009) Tutti gli articoli di esteri

 

 

 

 

 

2009-11-16

Oggi il summit sulla fame. Lady Ahmadinejad: "L'Iran, un esempio"

Attesa in giornata la dichiarazione finale del vertice: molte promesse, pochi soldi e fatti

Vertice Fao, debutta Gheddafi

festa in villa con 200 ragazze

Le ong contestano: "In questa maniera gli obiettivi di sviluppo restano irraggiungibili"

Vertice Fao, debutta Gheddafi festa in villa con 200 ragazze

FRANCESCA CAFERRI e MARIA ELENA VINCENZI

ROMA - Sono il chador nero di Azan Al Sadat Farahi e le stranezze del leader libico Muammar Gheddafi a conquistare i riflettori di Roma nella giornata che precede l'apertura ufficiale del vertice Fao sulla sicurezza alimentare, prevista per oggi.

La moglie del presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad è intervenuta ieri all'incontro delle first ladies dei paesi non allineati capitanate da Suzanne Mubarak, riunite per sottolineare l'importanza del ruolo femminile nell'agricoltura e nello sviluppo. Alle sue colleghe Farahi ha offerto i programmi educativi iraniani come modello: l'appoggio all'allattamento infantile, la diffusione di microprestiti, l'invio di cibo da parte del governo specificamente destinato a donne e bambine. Del tutto diverso invece l'approccio del presidente libico: Gheddafi, arrivato ieri pomeriggio a Roma, ha partecipato in serata ad una grande festa nella residenza dell'ambasciatore libico. A fargli compagnia 200 ragazze, le prime delle 500 reclutate da una agenzie di Via Veneto specializzata in "hostess di buona famiglia". Le giovani, fra i 18 e i 35 anni, alte, ben vestite ma non scollate, secondo i dettami dell'agenzia, si sono presentate ieri sera in un hotel romano, per poi essere scortate alla residenza. Per loro, oltre ad un regalo, un compenso di 50 euro "netti". A quanto pare, la richiesta di incontrare ragazze italiane era venuta dallo stesso leader, che avrebbe espresso il desiderio di "discutere dei loro problemi": i suoi collaboratori romani, nell'imbarazzo, si sarebbero rivolti all'agenzia.

Dopo la festa, Gheddafi sarà oggi uno dei protagonisti della mattinata di inaugurazione del vertice. Il direttore generale della Fao, Jacques Diouf aprirà i lavori seguito dal Papa, dal segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki Moon e da numerosi capi di Stato e di governo da tutto il mondo. Oggi stesso sarà adottata la Dichiarazione finale, un documento in cinque punti che ribadisce la volontà di dimezzare entro il 2015 il numero delle persone che soffrono per la fame, (come previsto dagli Obiettivi di sviluppo del Millennio Onu), promette un maggiore sforzo di governance nella distribuzione degli aiuti e assicura un ruolo alle popolazioni direttamente interessate dagli interventi. Un testo - sette pagine in tutto - in cui gli elementi di novità rispetto a quanto già detto in passato sono pochi e che si tiene quanto più possibile lontano da numeri e parametri di misura: l'obiettivo finale di sradicare la fame nel mondo viene fissato "entro il prima possibile". Nella parte relativa agli aiuti per lo sviluppo si richiamano i paesi del G8 a "rispettare pienamente" gli impegni presi all'Aquila (22 miliardi di dollari in tre anni) e si ricorda che la promessa dei paesi ricchi a destinare lo 0.7% del Pil agli aiuti è "cruciale".

Proprio per la vaghezza dei contenuti il documento è stato duramente criticato dalle associazioni non governative, protagoniste del Forum della società civile in corso in queste ore: "Il fatto che non siano stati concretamente identificati o sborsati altri fondi è scandaloso - sostengono gli esperti di ActionAid - l'obiettivo di dimezzare il numero di affamati entro il 2015 fallirà clamorosamente. In questo contesto le promesse di eliminare la fame nel mondo entro il 2025 sono assurde". D'accordo anche Oxfam e Ucodep, che stimano che occorrerebbero almeno 40 miliardi di dollari l'anno di fondi aggiuntivi per centrare l'obiettivo del 2015 e che l'Italia ha ridotto invece che aumentarli i suoi impegni per la fame nel mondo. Oxfam e Ucodep contestano anche i metodi scelti per risolvere la crisi: "Molti paesi ricchi stanno tentando di accrescere la produzione di cibo semplicemente investendo in fertilizzanti chimici e nuove tecnologie - spiega Frederic Mousseau, esperto di politiche alimentari di Oxfam International - questa strategia può fornire un sostegno nel breve termine agli agricoltori più poveri ma non è una risposta sostenibile ai problemi strutturali della fame nel mondo".

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2009-11-14

Diouf per ventiquattro ore in sciopero dimostrativo

Lunedì si apre il vertice sulla sicurezza alimentare

Il digiuno del direttore Fao

"Facciamo di più contro la fame"

Il digiuno del direttore Fao "Facciamo di più contro la fame"

Jacques Diouf

ROMA - Il direttore generale della Fao, Jacques Diouf, dalle 20 di ieri sera ha iniziato uno sciopero della fame di 24 ore per "sensibilizzare l' opinione pubblica sul problema dell'insicurezza alimentare" in vista del vertice della Fao che si aprirà lunedì. Lo ha annunciato lo stesso Diouf intervenendo al forum della società civile per la sovranità alimentare dei popoli riunito alla Città dell'altra economia.

"Nel mondo ci sono ormai un miliardo di persone che vivono in condizioni di sottoalimentazione e ogni sei secondi muore un bambino - ha detto Diouf - noi siamo a Roma perché vogliamo creare le opportunità per aggredire il più fondamentale dei problemi per il genere umano: la fame".

Diouf, che la scorsa notte ha dormito all'ingresso del palazzo della Fao a Roma su un materasso di gommapiuma come atto dimostrativo "per spronare i governi a fare di più per contrastare la fame nel mondo", ha lanciato un appello "a tutti gli uomini di buona volontà ad aderire allo sciopero della fame".

(14 novembre 2009) Tutti gli articoli di esteri

L'UNITA'

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2009-11-17

Lotta alla fame senza soldi e senza scadenze

Vogliono far scomparire la fame dal mondo. Ma non hanno fissato neppure una data simbolica entro cui raggiungere l'obiettivo. Nel documento finale, varato al termine del vertice Fao, non se ne trova traccia. Una lacuna che la dice lunga sulla difficoltà di dare concretezza alla lotta alla fame.

Lo stesso direttore generale della Fao Jacques Diouf, ammmette: ne sono "rammaricato", ma del resto "non ho negoziato io il documento, anzi ne sono stato escluso".

Poi, quanto all'impegno finanziario, spiega: "Abbiamo un impegno a breve termine per mobilitare 20 miliardi di dollari" e "in due anni dobbiamo tirar fuori questa cifra".

Più volte Diouf è tornato sulla necessità di sostenere i piccoli agricoltori. Ha chiesto che a questo scopo i paesi industrializzati stanzino 44 miliardi di dollari. Mentre anche i Paesi in via di sviluppo potrebbero contribuire "con il 10 per cento dei bilanci nazionali" per un ammontare di 76 miliardi di dollari.

Era stato papa Benedetto XVI ad aprire i lavori, nel Palazzo della Fao vicino al Circo Massimo. Un dispiegamento impressionante di security nonostante le molte assenze. La maggior parte dei leader dei 39 paesi donatori, infatti, hanno declinato l'invito. Obama e Hillary Clinton sono impegnati nel viaggio in Cina insieme ai leader di Pechino. Angela Merkel è rimasta in Germania a presidiare il caso Opel e le sorti della nuova presidenza dell’Unione europea, Nicolas Sarkozy ha incontrato il presidente brasiliano Lula di passaggio da Parigi per parlare di cambiamenti climatici ma non l’ha seguito a Roma, impegnato a progettare un vertice sul Medioriente. Silvio Berlusconi ci sarà, perché è il capo di Stato del paese ospitante, e non guasta, anzi è un ottimo alibi per non presentarsi al processo Mediaset a Milano.

"Avrei auspicato che i dirigenti dei Paesi che hanno le forze materiali per combattere la fame" avessero preso parte al vertice, ha lamentato lo stesso Diouf.

Di soldi in più per gli aiuti comunque finora non ne ha messi in Finanziaria. La verità è che i paesi ricchi hanno disertato l’appuntamento per evitare di rispondere sul fastidioso problema del "debito umanitario": 44 miliardi di dollari l’anno che mancano per portare avanti la battaglia contro la fame e che la Fao reclama. L'immagine che più inquadra il vertice Fao resta quindi quella della vigilia, con Jacques Diouf, direttore generale dell'agenzia delle Nazioni Unite con il cappello di lana in testa alla sua scrivania in sciopero della fame per solidarietà con il miliardo di esseri umani che di mancanza di cibo sta morendo. Un estremo appello, proprio di chi non ha più voce, a cui si è unito il direttore generale delle Nazioni Unite Ban Ki Moon.

Moon: ""Oltre 17mila bambini moriranno oggi di fame: uno ogni cinque secondi, 6 milioni in un anno". Lo ha fatto notare il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki Moon, intervenendo al vertice Fao sulla sicurezza alimentare che si è aperto stamattina a Roma. "Il mondo ha cibo più che sufficiente" ha osservato Ban, "e nonostante questo oltre un miliardo di persone sono affamate. Questo è inaccettabile".

Diouf: "Gli impegni presi dagli otto grandi a L'Aquila per combattere contro la fame "sono rimasti promesse". È quanto lamenta Jacques Diouf, direttore generale della Fao, nel suo discorso di apertura del summit mondiale sulla sicurezza alimentare. "Il cambio in politica registrato al G8 de L'Aquila dello scorso luglio è un segno incoraggiante", ha detto Diouf, "ma queste sono ancora promesse che devono concretizzarsi con finanziamenti per la realizzazione di infrastrutture e la fornitura di strumenti ".

Napolitano: "E' tempo di un rinnovato impegno da parte della comunità internazionale, specie dei paesi più ricchi, per sconfiggere la povertà e per porre le basi di uno sviluppo sostenibile e diffuso". E' il messaggio inviato dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.

Berlusconi: "Passare dalle parole ai fatti" e "decidere le date e le modalità " di impiego dei 20 miliardi di dollari contro la povertà promessi al G8 dell'Aquila. E' l'invito lanciato dal presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, nel corso del suo breve intervento al vertice sulla sicurezza alimentare. "Vi dico solo una cosa- spiega il premier- Diouf (il direttore generale della Fao, ndr) nello scorso vertice aveva chiesto di passare dalle parole ai fatti e io ho fatto mio quell'invito e ho messo al centro del G8 dell'Aquila i fatti: abbiamo così messo a punto un programma per 20 miliardi di dollari nei prossimi tre anni". Ora, esorta Berlusconi, è venuto il momento di "decidere le date del versamento e le modalità" di impiego di quei soldi. seguendo una priorità precisa: "aiutare soprattutto i piccoli produttori e aumentare la produttività".

Papa Ratzinger: "Il problema della fameè stato aggravato dalla crisi. Lo ha affermato il Papa al Vertice Mondiale sull'alimentazione in corso alla Fao. "La Comunità Internazionale - ha osservato nel suo discorso - sta affrontando in questi anni una grave crisi economicofinanziaria. Le statistiche testimoniano la drammatica crescita del numero di chi soffre la fame e a questo concorrono l'aumento dei prezzi dei prodotti alimentari, la diminuzione delle disponibilità economiche delle popolazioni più povere, il limitato accesso al mercato e al cibo".

Per vincere la fame, bisogna impegnarsi "non solo a favorire la crescita economica equilibrata e sostenibile e la stabilità politica, ma anche a ricercare nuovi parametri, necessariamente etici e poi giuridici ed economici, in grado di ispirare l'attività di cooperazione per costruire un rapporto paritario tra Paesi che si trovano in un differente grado di sviluppo", ha sottolineato il Papa nel suo intervento. Da qui ll'invocazione: "a ciò si orienti l'azione internazionale" per "colmare il divario esistente" tra le Nazioni ma anche "favorire la capacità di ogni Popolo di sentirsi protagonista, confermando così che la fondamentale uguaglianza dei diversi Paesi affonda le sue radici nella comune origine della famiglia umana, sorgente di quei principi della 'legge naturalè chiamati ad ispirare scelte ed indirizzi di ordine politico, giuridico ed economico nella vita internazionale". In proposito, Benedetto XVI ha citato San Paolo che chideva ai primi cristiani di condividere i beni "non per mettere in difficoltà voi e per sollevare gli altri, ma perchè vi sia uguaglianza".

16 novembre 2009

 

 

 

 

27 centesimi al giorno per salvare un bambino

Bastano meno di 170 euro all'anno, meno di 27 centesimi al giorno, fino al compimento del secondo anno di vita, per garantire ad un bambino una corretta nutrizione e contribuire ad arrestare le morti per malnutrizione. Questo il dato diffuso da Save the Children, attraverso il nuovo rapporto "Fame di Cambiamento", che intende essere un chiaro monito ai grandi della terra riuniti a Roma in occasione del vertice Fao e il cui contributo per sconfiggere la fame nel mondo "continua a rimanere molto basso".

Più di 178 milioni di bambini al mondo soffrono di malnutrizione cronica: "Troppi bambini stanno morendo perchè i leader mondiali stanno fallendo nella riduzione dei livelli di malnutrizione, che ogni anno è causa di oltre metà delle morti infantili", ha affermato David Mepham, direttore policy di Save the Children. "Tale cifra - ha aggiunto - è destinata ad aumentare a causa dell'incremento del costo del riso, dei cambiamenti climatici e della crisi economica in corso. Queste morti però non sono eventi sporadici al di fuori del nostro controllo, bensì il frutto di precise scelte politiche".

Il rapporto Fame di Cambiamento rivela che esiste una gamma di possibilità per fermare la malnutrizione, causa di danni irreversibili allo sviluppo fisico e cognitivo dei bambini. E nei paesi in via di sviluppo, l'11% dei bambini è malnutrito già da prima della nascita poichè la crescita viene compromessa dall'alimentazione scarsa delle loro madri. In alcuni Paesi, solo il 5% dei bambini ha una dieta diversificata e, conseguentemente, mentre il resto non riesce ad avere il sufficiente apporto di vitamine. Infatti, più di metà dei bambini che vivono nei Paesi in via di sviluppo basa la propria nutrizione sulla combinazione al massimo di tre diversi alimenti e non riesce pertanto ad avere una dieta equilibrata.

"Si continua a non dare all'alimentazione la giusta importanza e tutto ciò deve cambiare", continua Mepham, che auspica che alla fine di questo summit "ci sia un serio impegno a dire basta alla fame: è scandaloso che i leader mondiali stiano trascurando un problema così grande e la cui risoluzione è così ovvia". Metà dei bambini malnutriti vivono in otto paesi in via di sviluppo: Afghanistan, Bangladesh, Repubblica Democratica del Congo, Etiopia, India, Kenya, Sudan e Vietnam.

Secondo il rapporto di Save the Children basterebbero 5,85 miliardi di euro all'anno per combattere la fame in queste nazioni e ridurre drasticamente il numero di bambini rachitici o malnutriti. "I leader mondiali stanno concentrando i loro sforzi su una maggiore produzione di cibo, ma devono altresì trovare le modalità per far sì che le persone più vulnerabili possano permettersi di acquistarlo, riconoscendo la dimensione del problema e rispondendo con il giusto livello di investimento", conclude David Mepham". Save the Children chiede con forza un reale cambiamento: "non vogliamo solo che i bambini sopravvivano, ma anche che non vivano ai margini e che crescano sicuri, forti e sani".

16 novembre 2009

 

 

 

 

La protesta delle Ong: "Ok, il prezzo è ingiusto"

Nel palazzo della Fao, il vertice ufficiale. Fuori, i militanti delle Ong, riuniti sotto una tenda. Protestano contro le multinazionali "che utilizzano il cibo come mezzo di speculazione". E lanciano da qui una campagna dal titolo: "ok, il prezzo è ingiusto". Obiettivo: far crescere la consapevolezza nell'opinione pubblica rispetto agli squilibri esistenti.

"Circa l'80% delle persone che soffrono la fame vivono nelle zone rurali, ma la politica della Fao è quella di concentrarsi sulle multinazionali", è la denuncia di Henry Saragih, coordinatore generale de La Via Campesina, movimento internazionale dei piccoli agricoltori.

Davanti alla loro tenda, i militanti hanno interpretato una sceneggiata dove incarnano i piccoli produttori dell'America Latina e dell'Africa vessati dalle multinazionali tra cui il gigante americano Monsanto. Intanto "grande delusione" è stata espressa dai 600 delegati di organizzazioni contadine, di agricoltori, pescatori, donne, giovani indigeni e Ong internazionali riunite alla Città dell'altra economia per il Forum parallelo al Vertice della Fao per "l'assenza di ogni impegno concreto per affrontare, con politiche e risorse adeguate, lo scandalo del miliardo di persone che soffrono la fame" nella dichiarazione finale del Vertice approvata per acclamazione nella plenaria di questa mattina.

"Il modello di sviluppo e le politiche agricolo-alimentari fin qui perseguito - ha sottolineato in una nota il presidente dell'Associazione Ong italiane Sergio Marelli - hanno fatto sì che negli ultimi due anni il numero degli affamati crescesse di 200 milioni. Il prezzo pagato per ottenere il voto favorevole di Usa, Canada, Australia e degli altri paesi del G8 è troppo alto". Per Marelli, "aver tolto il riferimento temporale del 2025 per l'eliminazione totale della fame nel mondo, aver cancellato la necessità di stanziare 44 miliardi di dollari all'anno per il sostegno all'agricoltura come richiesto dal direttore generale della Fao Diouf, fanno di questa dichiarazione un documento "privo di ogni strumento per rendere efficace la lotta alla fame nel mondo".

E dalle organizzazioni della società civile giunge anche, attraverso un comunicato congiunto, l'invito ai grandi della terra di sostenere l'uso degli stock mondiali di prodotti agricoli "come passo essenziale per assicurare una sicurezza alimentare per tutti".

16 novembre 2009

 

 

 

27 centesimi al giorno per salvare un bambino

Bastano meno di 170 euro all'anno, meno di 27 centesimi al giorno, fino al compimento del secondo anno di vita, per garantire ad un bambino una corretta nutrizione e contribuire ad arrestare le morti per malnutrizione. Questo il dato diffuso da Save the Children, attraverso il nuovo rapporto "Fame di Cambiamento", che intende essere un chiaro monito ai grandi della terra riuniti a Roma in occasione del vertice Fao e il cui contributo per sconfiggere la fame nel mondo "continua a rimanere molto basso".

Più di 178 milioni di bambini al mondo soffrono di malnutrizione cronica: "Troppi bambini stanno morendo perchè i leader mondiali stanno fallendo nella riduzione dei livelli di malnutrizione, che ogni anno è causa di oltre metà delle morti infantili", ha affermato David Mepham, direttore policy di Save the Children. "Tale cifra - ha aggiunto - è destinata ad aumentare a causa dell'incremento del costo del riso, dei cambiamenti climatici e della crisi economica in corso. Queste morti però non sono eventi sporadici al di fuori del nostro controllo, bensì il frutto di precise scelte politiche".

Il rapporto Fame di Cambiamento rivela che esiste una gamma di possibilità per fermare la malnutrizione, causa di danni irreversibili allo sviluppo fisico e cognitivo dei bambini. E nei paesi in via di sviluppo, l'11% dei bambini è malnutrito già da prima della nascita poichè la crescita viene compromessa dall'alimentazione scarsa delle loro madri. In alcuni Paesi, solo il 5% dei bambini ha una dieta diversificata e, conseguentemente, mentre il resto non riesce ad avere il sufficiente apporto di vitamine. Infatti, più di metà dei bambini che vivono nei Paesi in via di sviluppo basa la propria nutrizione sulla combinazione al massimo di tre diversi alimenti e non riesce pertanto ad avere una dieta equilibrata.

"Si continua a non dare all'alimentazione la giusta importanza e tutto ciò deve cambiare", continua Mepham, che auspica che alla fine di questo summit "ci sia un serio impegno a dire basta alla fame: è scandaloso che i leader mondiali stiano trascurando un problema così grande e la cui risoluzione è così ovvia". Metà dei bambini malnutriti vivono in otto paesi in via di sviluppo: Afghanistan, Bangladesh, Repubblica Democratica del Congo, Etiopia, India, Kenya, Sudan e Vietnam.

Secondo il rapporto di Save the Children basterebbero 5,85 miliardi di euro all'anno per combattere la fame in queste nazioni e ridurre drasticamente il numero di bambini rachitici o malnutriti. "I leader mondiali stanno concentrando i loro sforzi su una maggiore produzione di cibo, ma devono altresì trovare le modalità per far sì che le persone più vulnerabili possano permettersi di acquistarlo, riconoscendo la dimensione del problema e rispondendo con il giusto livello di investimento", conclude David Mepham". Save the Children chiede con forza un reale cambiamento: "non vogliamo solo che i bambini sopravvivano, ma anche che non vivano ai margini e che crescano sicuri, forti e sani".

16 novembre 2009

 

 

 

 

 

Banca islamica, alla Fao un miliardo di dollari

di Rachele Gonnellitutti gli articoli dell'autore

Un assegno da un miliardo di dollari, ieri il direttore della Fao Jacques Diouf l’ha ottenuto. L’ha staccato per lui Ahmad Mohamed Ali, presidente della Banca Islamica di Sviluppo, che da Jeddah in Arabia Saudita raccoglie fondi nei paesi musulmani e li utilizza, per promuovere e finanziare progetti di sviluppo nei 55 paesi membri: dall’Afghanistan al Mozambico, dall’Albania al Turkhmenistan, dall’Iran alla Turchia. Indirizza e supporta governi, fa cooperazione, amministra trust fund, cioè fondi fiduciari finalizzati. Sempre in stretta osservanza dei principi mutualistici e di solidarietà musulmana oltre che in rigida conformità con la sharia, la legge coranica. Quest’unico soccorso alla Fao, in assenza dei Grandi, sembra proprio il simbolo dell’exploit della finanza islamica, ormai alla conquista di fette consistenti del mercato finanziario anche occidentale in virtù dei requisiti di "non tossicità" delle operazioni - niente proventi da droga, alcol e pornografia, niente tassi di usura o speculazioni - e delle evidenti capacità di raccolta capillare nel miliardo e mezzo di musulmani sparsi nel mondo, dei quali solo 300 milioni vivono nei paesi arabi. Si calcola che le varie istituzioni finanziarie islamiche valgano ormai mille miliardi di dollari, l’1 percento del gigantesco mercato mondiale. Ma sono in rapida ascesa.

IL CAMBIO DI STRATEGIA

Il senegalese Jacques Diouf, che come musulmano è vicino alla cultura mistica del muridismo, certo non ha avuto difficoltà ad accettare l’accordo di partnership con la Banca Islamica di Sviluppo. Resta il segnale di un nuovo sentiero che, in assenza di accompagnatori diversi, Diouf ha intrapreso sul finire del suo terzomandato di direttore generale della Fao, ruolo che ricopre dal ‘93 e che scadrà nel 2012. Non è l’unica nuova strada. Rispetto alla rigida impostazione del colosso Fao, questo vertice in corso a Roma segna una svolta netta di strategia. Dall’aiuto inteso come elargizione dello stato donatore che attraverso le organizzazioni Onu e lo stato beneficiario dovrebbe arrivare al "fruitore finale", in questo caso l’affamato, si passa ad unalogica di aiuti allo sviluppo attraverso investimenti. E in particolare si individua nella agricoltura locale dei piccoli appezzamenti e delle microfattorie, il fattore che, debitamente aiutato, dovrebbe moltiplicare le coltivazioni e gli approvvigionamenti locali. Questa è una strategia mutuata da un altra grande agenzia Onu, l’Ifad, il Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo. Il nuovo approccio, che lega Diouf più al nigeriano direttore dell’Ifad Kanayo Nwanze che al direttore esecutivo del World Food Programme, l’americana Josette Sheeran - entrambi lo accompagneranno oggi nell’apertura del vertice - recepisce le molte critiche, che arrivano ormai anche dai più importanti economisti sudafricani come Mbeki, sulla burocraticità e inefficienza degli aiuti tradizionalmente intesi, spesso fagogitati dalla corruzione diffusissima nei paesi africani e dalla burocraticità delle istituzioni che li incanalano.

LA DONNA VELATA

Sicuramente "l’assegno" del super banchiere islamico - o meglio l’accordo di cooperazione Fao-Idb per i prossimi tre anni nei paesimusulmani - fa da sfondo perfetto alle foto rarissime scattate tra le Fist Lady tra cui campeggiava la presenza della signora Azam Farahi, moglie di Mahmud Ahmadinejad, presidente dell’Iran. La signora Farahi, rigidamente e integralmente ricoperta di veli neri e occhiali da sole, ha presieduto l’incontro nella stanza Iran del Palazzo Fao tra le mogli degli altri presidenti dei paesi del Movimento dei non allineati. E ha parlato di un altro cavallo di battaglia della Fao di adesso: privilegiare l’educazione e il benessere delle donne come leva decisiva per combattere la malnutrizione e la mortalità infantile.

CONTROVERTICI

Su queste linee - privilegiare contadini poveri e istruzione delle donne - anche le ong sono d’accordo. Sia quelle riunite con gli enti locali che si occupano di Africa ad Ancona sia quelle del mini forum organizzato a Roma.

16 novembre 2009

 

 

 

 

2009-11-16

Donne contro la fame. Al via il summit Fao. E Berlusconi salta il processo

di Rachele Gonnellitutti gli articoli dell'autore

Più che un vertice sulla sicurezza alimentare, quello che si è aperto stamattina a Roma nel palazzo della Fao sembra il vertice della disperazione.

Stamattina sarà papa Benedetto XVI ad aprirne i lavori, ci saranno -almeno sono attesti- 60 capi di Stato con le loro guardie del corpo munite di auricolare, tre giorni di discussioni tradotte nelle varie lingue, le pubblicazioni e i diagrammi, le telecamere e i fotografi che già ieri hanno seguito passo passo le First Lady del pre-vertice sulle donne. Ma non ci saranno la maggior parte dei leader dei 39 paesi donatori. Obama e Hillary Clinton sono impegnati nel viaggio in Cina insieme ai leader di Pechino. Angela Merkel è rimasta in Germania a presidiare il caso Opel e le sorti della nuova presidenza dell’Unione europea, Nicolas Sarkozy ha incontrato il presidente brasiliano Lula di passaggio da Parigi per parlare di cambiamenti climatici ma non l’ha seguito a Roma, impegnato a progettare un vertice sul Medioriente. Silvio Berlusconi ci sarà, perché è il capo di Stato del paese ospitante, e non guasta, anzi è un ottimo alibi per non presentarsi al processo Mediaset a Milano.

Di soldi in più per gli aiuti comunque finora non ne ha messi in Finanziaria. La verità è che i paesi ricchi hanno disertato l’appuntamento per evitare di rispondere sul fastidioso problema del "debito umanitario": 44 miliardi di dollari l’anno che mancano per portare avanti la battaglia contro la fame e che la Fao reclama. L'immagine che più inquadra il vertice Fao resta quindi quella della vigilia, con Jacques Diouf, direttore generale dell'agenzia delle Nazioni Unite con il cappello di lana in testa alla sua scrivania in sciopero della fame per solidarietà con il miliardo di esseri umani che di mancanza di cibo sta morendo. Un estremo appello, proprio di chi non ha più voce, a cui si è unito il direttore generale delle Nazioni Unite Ban Ki Moon.

16 novembre 2009

 

 

 

 

2009-11-14

Summit Fao, Diouf in sciopera della fame contro la fame

Ventiquattro ore di digiuno e una notte "all’addiaccio" per "sensibilizzare l’opinione pubblica sul problema dell’insicurezza alimentare". Il direttore generale della Fao, Jacques Diouf, stringe la cinghia in vista del vertice che si aprirà lunedì. Oltre un miliardo di affamati nel mondo, ogni sei secondi un bambino che muore per fame. E tante promesse che restano tali. Diouf la scorsa notte ha dormito all’ingresso del palazzo della Fao a Roma su un materasso di gommapiuma "per spronare i governi a fare di più per contrastare la fame nel mondo" ed ha lanciato un appello "a tutti gli uomini di buona volontà ad aderire allo sciopero della fame" - malgrado dall’Avvenire i vescovi abbiano fatto notare la stonatura: contro la fame non si sciopera, si agisce. Ed è quello che rischia di non accadere al summit Fao.

"Summit Fao a rischio flop. Tanto rumore per nulla?", ha titolato l’Avvenire, notando che non c’è nel "documento del vertice nessun accenno ai 44 miliardi di dollari annui per l’agricoltura nè a una tabella di marcia per lo sradicamento della fame". Dà da pensare anche la lista dei presenti: salvo ripensamenti dell’ultimora mancano proprio i capi di Stato e di governo dei Paesi ricchi, quelli che, in sostanza, dovrebbero mostrare il loro impegno e la loro generosità per finanziare, se non proprio la cifra di 44 miliardi di dollari (cioè gli aiuti necessari al sostegno dei piccoli agricoltori nei Paesi poveri, cifra irrisoria rispetto ai 1.340 miliardi dollari spesi ogni anno nella corsa agli armamenti o al fiume di denaro iniettato in tempo record nel 2008-2009 per risanare il settore finanziario mondiale), almeno i 20 miliardi di dollari sulla sicurezza alimentare già promessi lo scorso luglio dal G8 dell’Aquila e rimasti sulla carta.

Nella giornata inaugurale ci sarà dunque Benedetto XVI e il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon. Ma diserteranno il summit Obama e Nicolas Sarkozy, Angela Merkel e Gordon Brown. A rappresentare al massimo livello il G8, ci sarà solo Silvio Berlusconi in qualità di padrone di casa per le 60 delegazioni attese da tutto il mondo, Gheddafi compreso. Ma la sua tradizionale tenda beduina stavolta dovrebbe essere piantata in una residenza libica e non più a villa Doria Pamphili, come quando venne in visita in Italia lo scorso giugno.

14 novembre 2009

il SOLE 24 ORE

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2009-11-17

IL VERTICE FAO / Il mondo biotech avrà meno fame

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17 Novembre 2009

"La fame è la più temibile arma di distruzione di massa", ha detto ieri al vertice della Fao il presidente brasiliano Lula da Silva. Chi può dargli torto? Complice la crisi economica, gli affamati del mondo sono aumentati anche nel 2009, nonostante il fenomeno degli elevati prezzi alimentari registrato nel 2008 (già imputato alla speculazione sui mercati future) quest'anno non si sia ripetuto. Se sarà forse il caso di rivedere alcuni meccanismi della leva speculativa, resta un po' arduo attribuire alla finanza anche il grande male della fame nel mondo: è dal 1864 che al Chicago Board of Trade si scambiano contratti su burro e pancetta per proteggere gli interessi di venditori e compratori.

Più prosaicamente, sarà anche il caso di ripensare ai cibi geneticamente modificati – vietati in Europa ma onnipresenti in America – sotto una nuova ottica globale. Da qui a metà secolo, il mondo avrà bisogno di raddoppiare le calorie disponibili. Senza il contributo della scienza e della tecnologia, la partita sarebbe persa in partenza.

17 Novembre 2009IL VERTICE FAO / Il mondo biotech avrà meno fame

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17 Novembre 2009

"La fame è la più temibile arma di distruzione di massa", ha detto ieri al vertice della Fao il presidente brasiliano Lula da Silva. Chi può dargli torto? Complice la crisi economica, gli affamati del mondo sono aumentati anche nel 2009, nonostante il fenomeno degli elevati prezzi alimentari registrato nel 2008 (già imputato alla speculazione sui mercati future) quest'anno non si sia ripetuto. Se sarà forse il caso di rivedere alcuni meccanismi della leva speculativa, resta un po' arduo attribuire alla finanza anche il grande male della fame nel mondo: è dal 1864 che al Chicago Board of Trade si scambiano contratti su burro e pancetta per proteggere gli interessi di venditori e compratori.

Più prosaicamente, sarà anche il caso di ripensare ai cibi geneticamente modificati – vietati in Europa ma onnipresenti in America – sotto una nuova ottica globale. Da qui a metà secolo, il mondo avrà bisogno di raddoppiare le calorie disponibili. Senza il contributo della scienza e della tecnologia, la partita sarebbe persa in partenza.

17 Novembre 2009

 

 

 

 

2009-11-16

Vertice Fao: appello al mondo

per la guerra contro la fame

dall'inviato Piero Fornara

16 nov embre 209

Il direttore generale della Fao Jacques Diouf (Infophoto)

Una vergogna senza attenuanti

intervento di José Manuel Barroso

Il culmine della crescita previsto per metà secolo

di Paolo Migliavacca

Dove i sussidi sconfiggono la fame

di Ugo Tramballi

Fao, in campo le first ladies. E contro la fame Colosseo illuminato

Roma blindata per il vertice Fao Alle 11 l'intervento del Papa

Kit anti-influenza A per delegati e giornalisti accreditati al vertice Fao

"Dai nostri archivi"

Diouf (Fao): 1 miliardo di click contro la fame nel mondo

IL SUMMIT DELLA FAO A ROMA / Fame nel mondo: una vergogna senza attenuanti

Roma blindata per il vertice Fao Alle 11 l'intervento del Papa

Memorandum Expo 2015-Fao sulla sicurezza alimentare

World Food Day / Diouf (Fao): "Più risorse per l'agricoltura"

Più di 1 miliardo di abitanti soffre di denutrizione e ogni sei secondi un bambino in qualche parte del mondo muore di fame. Anche papa Benedetto XVI partecipa alla giornata di apertura del summit

 

ROMA - "Determinati ad affrancare dal bisogno tutti i popoli della Terra" perché "la povertà è la causa principale della fame e della malnutrizione": questo l'impegno solenne assunto nella conferenza delle Nazioni Unite sull'alimentazione e l'agricoltura di Hot Springs (Virginia, Usa). Ma era il giugno 1943. A distanza di parecchi decenni il direttore generale della Fao Jacques Diouf ha convocato dal 16 al 18 novembre a Roma un nuovo vertice mondiale sulla sicurezza alimentare: il numero delle persone che soffrono la fame ha infatti raggiunto il picco storico di 1,02 miliardi, un sesto della popolazione totale del Pianeta.

Secondo le ultime stime gli affamati sono cresciuti quest'anno del 9%, il livello più alto dal 1970. La maggior parte delle persone malnutrite risiedono nella regione Asia-Pacifico (642 milioni), seguite dall'Africa subsahariana (265 milioni), dall'America latina (53 milioni), Vicino Oriente e Nord Africa (42 milioni) e nei paesi sviluppati (15 milioni). La Fao ha attivato il sito www.1billionhungry.org. dove chiunque potrà registrare il proprio dissenso rispetto all'attuale situazione e dare una spinta ad agire per i capi di Stato e di governo". L'obiettivo del direttore generale della Fao è quello di raggiungere un miliardo di adesioni, che corrisponde appunto al numero di affamati nel mondo. Il sito contiene anche un filmato in cui lo stesso Diouf conta a voce alta sei secondi dopo i quali annucia: "Un bambino da qualche parte del mondo è morto di fame".

Presenti e assenti al summit di Roma

Papa Benedetto XVI nella giornata di lunedì 16 novembre farà il suo primo intervento a un vertice della Fao e, al termine, saluterà, uno per uno, i capi di Stato presenti all'inaugurazione, mentre non è previsto un saluto ravvicinato con il presidente del Consiglio italiano. Tuttav ia l'appello di Diouf a intervenire al summit non è stato raccolto dagli altri leader del G-8, mentre il summit di Roma sarà la vetrina per alcune presenze politicamente un po' "ingombranti" come il libico Muammar Gheddafi, il venezuelano Hugo Chavez e il presidente dello Zimbabwe Robert Mugabe.

Diouf chiede ai governi investimenti pari a 44 miliardi di dollari l'anno per sconfiggere la fame nel mondo, aumentando la produzione agricola e rilanciando il settore rurale nei paesi poveri. Questa somma corrisponde a quel 17% del totale degli Aiuti pubblici allo sviluppo (Oda) che negli anni 80 consentì all'India e ai Paesi dell'America Latina di risollevarsi dalla crisi alimentare con la "rivoluzione verde" "A tutt'oggi invece - precisal direttore generale della Fao - sono destinati all'agricoltura solo il 5% delle risorse, percentuale che era del 3,6% prima del G-8 dell' Aquila", quando sono stati annunciati aiuti per 20 miliardi di dollari nei prossimi tre anni agli agricoltori dei paesi poveri, soprattutto dell'Africa. Sugli impegni assunti all'Aquila è comunque critica Oxfam International: "I Paesi industrializzati pensano di aver fatto abbastanza, ma neo è così: meno di un quarto di quei 20 miliardi di dollari, infatti, sono denaro fresco, per la maggior parte di tratta invece di fondi già previsti ma non ancora utilizzati".

Monito di Oxfam e Msf: summit a rischio senza impegni concreti

Emerge dalla realtà delle cifre una tendenza negativa ormai decennale , dopo i passi avanti "notevoli" degli anni 80 e degli inizi degli anni 90, in larga misura grazie all'incremento degli investimenti in agricoltura. Tra il 1995-97 e il 2004-06, con il calo sostanziale degli aiuti pubblici allo sviluppo (Oda) destinati all'agricoltura, il numero dei sottonutriti è aumentato quasi dovunque. Unica eccezione, America Latina e Caraibi, dove però ora la crisi economica ha cancellato i progressi fatti. La situazione è particolarmente grave in Africa orientale dove a causa della siccità e dei conflitti in corso circa 20 milioni di persone hanno bisogno di aiuti alimentari". Sedici paesi sono stati identificati dalla Fao come particolarmente vulnerabili a causa di crisi nazionali o regionali: si tratta di Somalia, Afghanistan, Etiopia, Iraq, Eritrea, Sudan, Haiti, Burundi, Repubblica democratica del Congo, Liberia, Angola, Mongolia, Corea del Nord, Uganda, Tagikistan e Georgia.

Anche un'indagine di Medici senza frontiere (Msf) evidenzia che i fondi stanziati dai paesi ricchi per combattere la malnutrizione sono rimasti invariati per sette anni. Questi fondi equivalgono solamente al 3% di quanto sarebbe necessario per evitare che ogni anno tra i 3,5 e i 5 milioni di bambini sotto i cinque anni muoiano per cause legate alla malnutrizione. Il rapporto di Msf mostra anmche l'entità degli sprechi nel sistema degli aiuti alimentari, mentre i buchi nei finanziamenti potrebbero essere riempiti semplicemente riallocando i fondi esistenti a favore dei gruppi più vulnerabili, i bambini sotto i cinque anni Nella bozza della dichiarazione per il summit di Roma - questo il monito di Oxfam e di Msf - "non c'è nulla di nuovo" e se i leader mondiali "non dimostreranno la volontà di puntare a un accordo ambizioso il vertice è a rischio fallimento".

Per le popolazioni povere il cui bilancio familiare viene speso sino all'80% per il cibo la crisi dei prezzi alimentari non è ancora finita. In prospettiva, oltre a una crescente scarsità delle risorse disponibili, secondo la Fao, "l'agricoltura a livello mondiale dovrà fare i conti con gli effetti del cambiamento climatico, in particolare con l'aumento delle temperature, con una maggiore variabilità delle precipitazioni e con una maggiore frequenza di fenomeni meteorologici estremi, come alluvioni e siccità". A causa del cambiamento climatico si ridurrà la disponibilità di acqua e vi sarà un aumento delle infestazioni di parassiti e delle malattie delle piante. Si stima che gli effetti combinati del cambiamento climatico potrebbero far calare la produzione del 30% in Africa e del 21% in Asia.

Prezzi alimentari ancora superiori ai livelli pre-crisi

Nei paesi poveri, importatori netti di alimenti, i prezzi delle derrate "continuano a rimanere sostenuti, nonostante la buona produzione cerealicola registrata nel 2009". Così mentre in Europa gli agricoltori poche settimane fa sono sfilati con i loro trattori a Bruxelles rovesciando fiumi di latte, chiedendo aiuti pubblico dopo un calo del 2o% dei loro introiti, i paesi poveri si lamentano che i prezzi delle derrate alimentari sono del 15-20 % superiori i livelli pre-crisi.

Nonostante il forte calo dei prezzi alla produzione agricola che sono al minimo da venti anni, per le principali materie prime come latte e cereali, rimangono alti - denuncia la Coldiretti - i prezzi al consumo che rendono ancora più difficile la sopravvivenza del miliardo di affamati. Lo dimostra il fatto che l'andamento dei prezzi al consumo in 58 paesi in via di sviluppo ha evidenziato che nell'80% dei casi i prezzi sono più alti dello scorso anno. L'emergenza alimentare - sostiene la Coldiretti - non si risolve con i prezzi bassi all'origine per i produttori perché questi non consentono all'agricoltura di sopravvivere e, con la chiusura delle imprese, destrutturano il sistema che non è più in grado di riprendersi anche in condizioni positive. .Alle agricolture di tutto il mondo - conclude Coldiretti - devono essere garantiti credito e investimenti adeguati".

In positivo c'è comunque che l'aumento dei dati globali sulla fame maschera il fatto che 31 paesi, su 79 monitorati dalla Fao, a partire dagli anni'90 hanno registrato un calo significativo delle persone sottonutrite. Diouf ha citato in particolare quattro paesi: Armenia, Brasile, Nigeria e Vietnam. La Fao rioorda che che uno dei modi migliori e più fruttuosi dal punto di vista economico per uscire dalla povertà rurale e dalla fame, è investire a favore dei piccoli contadini. Circa l'85 % delle conduzioni agricole del mondo hanno dimensioni inferiori ai due ettari ed i piccoli contadini e le loro famiglie rappresentano due miliardi di persone, vale a dire un terzo della popolazione mondiale. L'Indonesia, il Messico e la Sierra Leone sono esempi di paesi che hanno sviluppato approcci innovativi che rafforzano a sostegno del mondo rurale .

16 nov embre 209

 

 

 

 

 

IL SUMMIT DELLA FAO A ROMA / Fame nel mondo: una vergogna senza attenuanti

intervento di José Manuel Barroso *

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16 Novembre 2009

La sicurezza alimentare, la biodiversità e i cambiamenti climatici sono i temi al centro del vertice Fao che inizia oggi a Roma e che si concluderà mercoledì.

Come collettività, stiamo fallendo nella lotta contro la fame nel mondo.

Attualmente, sono oltre un miliardo, sul nostro pianeta, le persone che non dispongono del cibo necessario per soddisfare il fabbisogno alimentare giornaliero di base; e nei paesi in via di sviluppo la situazione peggiora giorno dopo giorno.

Si tratta, soprattutto e come prima cosa, di una vergogna sul piano morale. Com'è possibile che nel XXI secolo, dopo aver viaggiato sulla Luna, non siamo in grado di sfamare la popolazione della Terra? I politici devono peraltro rendersi conto che il fenomeno della fame nel mondo è collegato agli effetti della crisi economica e ai cambiamenti climatici in corso, una situazione, questa, che getta lunghe ombre sulla comunità mondiale.

A essere onesti, i leader mondiali hanno già fornito una risposta. Di recente, al G-8 dell'Aquila, ci siamo fermamente impegnati ad "agire nella misura e con l'urgenza necessarie per conseguire una sicurezza alimentare globale sostenibile" e, per il prossimo triennio, sono stati stanziati in totale 20 miliardi di dollari.

Per quanto notevole, il nostro impegno potrebbe rivelarsi tuttavia insufficiente: dobbiamo fare di più per estendere la produzione agricola, per dare libero corso agli scambi, al fine di garantire la sicurezza alimentare e per contrastare gli effetti incalzanti dei cambiamenti climatici sull'agricoltura.

Anche la Commissione europea ha fornito una risposta, finanziando la sicurezza alimentare tramite una serie di strumenti. Lo strumento alimentare di cui la Ue si è dotata lo scorso anno mobilita fondi aggiuntivi per 1,5 miliardi di dollari destinati a contrastare, in tempi brevi, l'aumento dei prezzi alimentari.

Nei prossimi tre anni prevediamo un ulteriore stanziamento di 4 miliardi di dollari per finanziare attività di sostegno ai paesi che hanno necessità di potenziare la sicurezza alimentare e di adeguarsi ai cambiamenti climatici.

Ulteriori stanziamenti a favore della sicurezza alimentare dovrebbero peraltro risultare dal pacchetto finanziario che l'Unione europea sostiene strenuamente in vista del prossimo appuntamento di rilievo in calendario: la conferenza di Copenaghen di dicembre sui cambiamenti climatici. Occorreranno notevoli investimenti affinché l'agricoltura possa adeguarsi con successo alle mutazioni climatiche e alla crescente intensità e frequenza di eventi atmosferici eccezionali. I cambiamenti colpiscono maggiormente le popolazioni più povere e le tendenze a livello mondiale nascondono grandi disparità su scala regionale.

Il costo dei cambiamenti climatici sarà particolarmente elevato per i piccoli agricoltori, prevalentemente nei paesi in via di sviluppo. Se non agiamo in fretta, entro il 2080 la siccità avrà ridotto del 10-20% la capacità cerealicola di base dei 40 paesi più poveri, essenzialmente in Africa sub-sahariana e America latina.

Le risposte a questo problema sono tuttavia a portata di mano. Gli effetti della biodiversità sono spesso scarsamente compresi e, con essi, il contributo che la biodiversità è in grado di dare alle problematiche mondiali. Un ecosistema è tanto più in grado di resistere ai cambiamenti quanto più si caratterizza per forme di vita variegate.

In tal senso, la biodiversità può costituire una "assicurazione naturale" contro la repentinità dei cambiamenti climatici e fungere da rete di sicurezza contro le perdite causate dal clima, dai parassiti e dalle malattie. La diversità biologica è essenziale ai fini di una produzione alimentare sicura e stabile nel lungo periodo. Le carestie che hanno afflitto l'Irlanda del XIX secolo e l'Etiopia degli ultimi decenni del XX secolo dimostrano inconfutabilmente che un'agricoltura non diversificata è vulnerabile ai cambiamenti ambientali, vulnerabilità destinata a ripercuotersi in termini drammatici sulle popolazioni.

La diversificazione delle colture può essere peraltro notevolmente benefica per l'ecosistema. Le varietà resistenti alla siccità e alle inondazioni permettono non solo di aumentare la produttività, ma anche di prevenire l'erosione del suolo e la desertificazione. Nel Ghana meridionale, ad esempio, gli agricoltori sono riusciti a ridurre l'incidenza dei cattivi raccolti dovuti a precipitazioni variabili e imprevedibili coltivando, per una stessa specie, diverse varietà resistenti alla siccità. La diversificazione delle colture ha consentito inoltre di diminuire il ricorso a pesticidi costosi e dannosi per l'ambiente.

Sono quindi convinto che, nella lotta ai cambiamenti climatici e all'insicurezza alimentare, occorra valorizzare la biodiversità e che questa problematica vada portata all'attenzione dei vertici.

In occasione del vertice di Roma, mi auguro che si sia in grado definire le principali priorità della lotta contro la fame nel mondo e l'insicurezza alimentare e, soprattutto, d'istituire, in tema di sicurezza alimentare, un'autorevole fonte consultiva per governi e istituzioni internazionali.

Ritengo infatti sia necessario creare per la sicurezza alimentare un gruppo intergovernativo di esperti in grado di monitorare la situazione su scala mondiale, al pari di quello per i cambiamenti climatici istituito dalle Nazioni Unite. L'impegno che mi assumo in questo inizio di legislatura della Commissione europea è di continuare a fare tutto il possibile per promuovere una questione tanto importante.

Tuttavia, anche le politiche di aiuto più apprezzabili e tempestive rimangono un esercizio sterile se gli impegni assunti dai governi dei paesi sviluppati non si traducono in stanziamenti concreti e maggiori investimenti agricoli in tutto il mondo.

Concludo quindi con un invito: facciamo in modo che il vertice mondiale sulla sicurezza alimentare testimoni l'impegno concreto di tutti i governi verso l'obiettivo comune di un mondo senza fame. Se falliremo, dovremo renderne conto alla Storia.

* PRESIDENTE COMMISSIONE UE

16 Novembre 2009

 

 

 

 

Il trend demografico si invertirà dopo il 2050

di Paolo Migliavacca

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16 Novembre 2009

"Dai nostri archivi"

IL SUMMIT DELLA FAO A ROMA / Fame nel mondo: una vergogna senza attenuanti

Vertice Fao: appello al mondo per la guerra contro la fame

Pakistan, lo slum da un milione di abitanti

Anno 2050: nel mondo 9 miliardi di abitanti

Anno 2050: nel mondo 9 miliardi di abitanti

Come sfamare i 9,3 miliardi di esseri umani che a metà secolo busseranno a cibo? Ovviamente potenziando la produzione alimentare, soprattutto nei paesi in cui la pressione demografica continuerà a salire a tassi eccessivi, specie se rapportati all'effettiva disponibilità di terre fertili. E alla condizione-capestro di mantenere livelli elevati di spesa in campo agricolo: cosa che, complice la crisi economica mondiale e i tagli degli aiuti del mondo ricco, da un decennio è venuta meno.

Ma la medaglia ha pure un lato positivo. Stanno diminuendo i timori che il mondo sia avviato a un'inesorabile catastrofe demografica e, quindi, alimentare: il tasso di fertilità – il numero medio di bambini che una donna partorisce durante il periodo fecondo della sua vita – è in calo. Secondo la Population Division dell'Onu, per quasi metà della popolazione mondiale (2,9 miliardi su 6,5 totali) nel periodo 2000-2005 esso è sceso a 2,1, numero ormai vicino a quel magico "2" ritenuto ideale dai demografi poichè garantisce nel tempo l'equilibrio tra nascite e decessi. Sempre secondo l'Onu, nel 2010 in quella condizione saranno 3,4 miliardi di persone su 7, per superare il fatidico 50% entro la metà del prossimo decennio.

Ma non basta. Le cose vanno meglio anche in molti paesi finora ritenuti più "difficili", quelli con un numero assai elevato di figli per donna e che hanno già raggiunto densità abitative proibitive rispetto alla superficie disponibile e, spesso, alla quantità di terreni agricoli. Alcuni esempi: in Bangladesh (156 milioni di abitanti su 144mila km², oltre mille persone per km²!), afflitto quasi annualmente da bibliche inondazioni e carestie, il tasso di fertilità si è più che dimezzato (da 6,1 a 2,74) dal 1973 a oggi. In Indonesia (240 milioni di abitanti) il calo è stato da 5,6 a 2,3, nelle Filippine (98 milioni) da 6 a 3,27. Per alcuni, sorprendentemente, è già scattato il livello a rischio "meno di 2", che segnala cioè in prospettiva l'entrata nella denatalità: in Vietnam (87 milioni attualmente) il rapporto è crollato da 5,3 a 1,83, in Iran (66 milioni) da 6,4 nel 1975 a 1,71 in Thailandia (66 milioni) addirittura da 6,2 nel 1969 a 1,65.

Anche valutando la situazione in termini di macro-regioni i progessi sono cospicui: nel Sud-Est asiatico (oggi ricco di ben 490 milioni di abitanti) il tasso di natalità è sceso da 5,6 a 2,3 nati per donna, in Africa centrale da 7 a 5,4, quella meridionale ha dimezzato il tasso da 5,6 a 2,8.

Infine, pure la situazione dei due giganti demografici (Cina e India) va nettamente meglio. Il primo, secondo le stime per il 2009 del Population Reference Bureau dell'Onu, passerà da 1.331 a 1.437 milioni entro il 2050; ma la cosiddetta "politica del figlio unico" ha fatto crollare le nascite sotto il limite di rischio (1,79), ponendo crescenti dubbi su come potrà reggersi un paese composto di vegliardi a metà secolo. Per l'India le stime indicano una crescita assoluta ancora vigorosa (dagli attuali 1.171 a 1.748 milioni entro il 2050), con un tasso di fertilità sceso però da 4,9 a 2,7.

Trascurando gli strumenti prescelti per limitare il boom demografico (spesso molto discutibili sul piano etico, dalle sterilizzazioni di massa, a volte inconsapevoli, avvenute in India, all'aborto pressochè senza regole), resta il fatto che il traguardo di una demografia sotto controllo appare a portata di mano. Anzi, per intere regioni (dall'Europa, specie orientale, al Giappone e alla Corea) si pone invece con urgenza il problema opposto: tornare a incentivare le nascite per impedire che nazioni senescenti presto diventino un peso insopportabile per l'intera umanità.

16 Novembre 2009

 

 

 

 

Dove i sussidi sconfiggono la fame

di Ugo Tramballi

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Domenica 15 Novembre 2009

Dove i sussidi sconfiggono la fame

A Roma scendono in campo le first ladies "non allineate"

"Dai nostri archivi"

Al vertice Fao il giorno delle first ladies dei paesi "non allineati"

Il Colosseo si illumina di verde per dire stop alla fame

CONFRONTI / Sorpresa: gli Usa ci copiano i vizi

Si aggrava la fame nel mondo a causa della crisi economica

Malawi

 

CHINYAMA. Dal nostro inviato

Come spieghereste a Silota Maliseny che nel 2008 il Malawi, il suo paese, ha avuto una crescita economica seconda al mondo solo al Qatar? Silota non è mai stato a Lilongwe, 50 chilometri a nord del villaggio di cui è sindaco: probabilmente non conosce il Qatar. Lui e i contadini di Chinyama continuano a non mangiare più di una volta al giorno. E le statistiche economiche sono statistiche: come Bob Kennedy diceva per il Pil, misurano "tutto eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta".

Eppure è vero. "Le cose vanno meglio, è da un po' che qui non muore di fame nessuno", constata Silota. Il Malawi cresce dell'8,3% e sfama la sua gente con più successo di prima. Il vertice sulla sicurezza alimentare che si apre domani a Roma sarà un'altra Waterloo globale per l'inconsistenza degli organismi multilaterali, l'egoismo dei paesi donatori, la mediocrità dei governi che ricevono gli aiuti. Non si salva nessuno. L'obiettivo fissato nel 1997 di ridurre della metà gli affamati entro il 2015 è fallito. Erano un miliardo allora, sono 105 milioni di più oggi. Per avere successo, la Fao dovrà sancire una sconfitta: spostare l'obiettivo al 2025 e ottenere altri fondi dai paesi donatori, non meno di 14 miliardi di dollari.

Ma nel buio dell'ultimo rapporto Fao, il Malawi appare come una luce. Con il Ghana è l'unico paese africano dove gli affamati non crescono, addirittura diminuiscono. "È qualcosa di straordinario se pensa che la crescita media nell'Africa meridionale è solo del 3%", commentava a Lilongwe il ministro delle Finanze, Goodal Gondwe. "Abbiamo ridotto dal 60 al 45% la gente che vive sotto la soglia di povertà" di 60 kwacha, circa 50 centesimi di dollaro al giorno. Fra i 12 milioni di malawiani anche coloro che rischiano ogni giorno di morire sono calati a meno di tre milioni. Poco più di quattro anni fa il Malawi affrontava una nuova emergenza alimentare: la produzione di mais era di 1,25 milioni di tonnellate, circa 2 milioni meno del necessario per restare al di sopra del livello di sussistenza. L'anno dopo il deficit si era trasformato in un surplus di mezzo milione di tonnellate, poi di un milione. Quest'anno e il prossimo la produzione in eccesso dovrebbe essere di 1,5 milioni di tonnellate. Perché un paese africano che stava per avere un altro milione e mezzo di affamati, d'improvviso è diventato un esportatore di mais (321mila tonnellate allo Zimbabwe) e perfino un donatore (a Lesotho e Swaziland)? Perché il caso Malawi che sembrava insolubile ha spinto Jeffrey Sachs ad affermare che "una rivoluzione verde in Africa è possibile, dopo tutto"?

"I sussidi: diamo ai contadini più poveri due sacchi di fertilizzante e uno di semi a prezzi finanziati", risponde semplicemente Edward Daudi, sapendo con questo di far venire l'orticaria alla Banca Mondiale, al Fondo monetario, a un esercito di economisti, di esperti e sottosegretari occidentali incaricati delle questioni per lo sviluppo. "Un sacco da 50 chili di fertilizzanti costa 5mila kwacha, noi li distribuiamo a 500", circa quattro dollari. Primo burocrate al ministero, qui Daudi è mister Agricoltura: stabilisce i progetti a breve e i piani a lungo termine, guida i dipartimenti e tratta con i donatori. "Al primo incontro, quando abbiamo spiegato il nostro piano di sussidi, i donatori erano contrari. Abbiamo dovuto imporlo. Poi hanno visto i risultati e ora sono d'accordo", spiega Daudi. Il Malawi non è mai stato un paese socialista. Negli anni della Guerra fredda, il dittatore Hastings Banda era un anziano della Chiesa di Scozia e impediva ai giovani di portare i capelli lunghi. Il presidente di oggi, Bingu Wa Mutharika, è stato appena rieletto al secondo mandato in un processo molto democratico per i canoni africani. Il problema è che ai tempi dell'aggiustamento strutturale imposto dai donatori lo Stato doveva ridurre il suo ruolo a favore del mercato. Ma in Malawi i soggetti del mercato non c'erano.

Il 70% degli agricoltori possiede meno di un ettaro e garantisce l'80% della produzione. Si passava da una carestia all'altra, adesso che sono tornate le sovvenzioni no. Mafa Chipeta, rappresentante Fao all'Unione europea, ricorda che "se il mondo sviluppato può sussidiare milioni di agricoltori per 50mila dollari ciascuno, perché l'Africa non dovrebbe darne 100 ai suoi?". Il Malawi ne dà molti di meno e più degli altri africani dedica all'agricoltura il 16% del bilancio statale, contro il 10% stabilito dalla conferenza di Maputo del 2003. Il suo problema è la sostenibilità: il paese dipende al 40% dai donatori, la sua agricoltura al 50. "Ma se le chiedo di scegliere fra il cibo e la fame, lei cosa sceglie?", chiede Andrew Daudi.

Silota Maliseny, il sindaco di Chinyama e i suoi 500 concittadini scelgono il primo. Qui è in corso un progetto per sviluppare la coltivazione di cassava, ricca di carboidrati, un'alternativa più resistente al mais. Finanzia il governo italiano, 750mila dollari; ora a Chinyama si aspettano che noi gli costruiamo anche un mulino per fare farina di cassava e vendere il loro surplus.

Ma è il mais il cibo del Malawi col quale la gente fa il msima, una polenta consistente: mais e verdura, mais e pollo, mais e carne, quando c'è. Altrimenti solo mais. "È vero che i sussidi non sono sostenibili, che bisogna diversificare l'agricoltura per ridurre la malnutrizione", dice Ruth Ayoade che per la Fao si occupa della sostenibilità dei progetti. "Ma il mais è il prodotto chiave: non c'è sicurezza alimentare senza mais".

Nel suo ufficio di Capital Hill costruito dai sudafricani, Andrew Daudi pensa a un futuro grandioso. "Fra 10 anni questo sarà un posto migliore dove vivere, raddoppieremo, triplicheremo i raccolti. La sicurezza alimentare sarà il passato, il mais sarà il nostro petrolio". Come i sauditi per il greggio, il governo ha deciso di bloccarne le esportazioni per creare una riserva strategica; e come la benzina a Riad, il prezzo lo fissa lo Stato.

Cinque anni fa il Malawi viveva ossessionato da tre minacce: fame, Aids e governance. Ora c'è meno fame, il numero dei sieropositivi è stabilizzato al 12% della popolazione, il governo governa. Il presidente Bingu ha deciso di dedicare il suo ultimo mandato alla Cintura Verde, il progetto che moltiplicherà l'attuale 2% di terre irrigate. Se ci saranno i soldi. È solo un inizio. Nella lotta alla sostenibilità alimentare il villaggio di Chinyama e il resto del Malawi sono la frontiera tra stato e mercato: dove le debolezze del primo possono soffocare le potenzialità del secondo e dove le avidità che provoca il mercato possono affamare società inadeguate. Anche i donatori, così scettici sui sussidi, ammettono che è più dignitoso spendere i soldi così che distribuire cibo durante una carestia. Poi, "a lungo termine", si vedrà.

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Domenica 15 Novembre 2009

 

 

 

 

 

 

Il Colosseo si illumina di verde

per dire stop alla fame

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15 novembre 2009

Il Colosseo illuminato su iniziativa dell'Agenzia ActionAid, in occasione del vertice Fao che si aprirà lunedì 16 novembre a Roma (AP Photo/Gregorio Borgia)

Roma blindata per il vertice Fao. Alle 11 l'intervento del Papa

dall'inviato Piero Fornara

Dove i sussidi sconfiggono la fame

di Ugo Tramballi

"Dai nostri archivi"

Al vertice Fao il giorno delle first ladies dei paesi "non allineati"

Vertice Fao: appello al mondo per la guerra contro la fame

Roma blindata per il vertice Fao Alle 11 l'intervento del Papa

Kit anti-influenza A per delegati e giornalisti accreditati al vertice Fao

Memorandum Expo 2015-Fao sulla sicurezza alimentare

 

Alla vigilia del vertice Fao sulla sicurezza alimentare, che si aprirà lunedì a Roma, il Colosseo si accende contro la fame nel mondo. Oltre alla consueta luce gialla, l'anfiteatro dalle 18 di domenica è stato infatti illuminato da una forte luce verde. L'iniziativa - voluta da ActionAid e realizzata in collaborazione con il comune di Roma e con Acea - punta a sensibilizzare sul diritto di ogni essere umano a un'adeguata alimentazione.

ActionAid ha fatto partire una mobilitazione virtuale su Avaaz.org via internet, che ha raggiunto le 150 mila adesioni. Ma solo una decina di persone si è data appuntamento davati al Colosseo, con le candele in mano, per dire stop alla fame: anche con uno striscione rosso con la scritta bianca "Stop hunger".

Il giorno prima dell'apertura dei lavori Fao è stato dedicato all'incontro delle first lady dei paesi non allineati. Al summit, presieduto da Suzanne Sabet, moglie del presidente egiziano Hosni Mubarak e intitolato "Food security and women's access to resources", ha preso parte, tra l'altro, Azam Al Sadat Farahi, moglie del presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad (che invece non sarà presente invece al vertice Fao).

L'obiettivo dell'incontro è stato quello di mettere a confronto le varie esperienze volte ad assicurare l'accesso delle donne alla terra e al credito, per ridurre la fame nel mondo. Il dato di partenza, si sottolinea dalla Fao, è la consapevolezza che oggi le donne beneficiano solo del 10% dei crediti erogabili e possiedono il 2% del terreno coltivabile, nonostante siano responsabili della metá della produzione mondiale di cibo e nonostante le aspettative di vita di un bambino, allevato in una famiglia dove sia una donna a controllare e pianificare il budget familiare, aumentino del 20 per cento.

Non solo. Secondo a un'analisi della Coldiretti, diffusa in occasione del summit delle firts ladies, le donne rappresentano nel mondo oltre il 40% dei lavoratori agricoli e contribuiscono in misura determinante all'allevamento e alla coltivazione dei cibi che si aggiunge a quello nella preparazione sia nei paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo.

Alla conferenza hanno preso parte anche Kanayo F. Nwanze (presidente Ifad) e Hafez Ghanem (assistente del Direttore generale Fao). Coordinatore del panel è stato Mankombu Sambasivan Swaminathan, presidente del Pugwash Conference, gruppo internazionale di scienziati impegnati nella lotta alla proliferazione delle armi nucleari e vincitori nel 1995 del Nobel per la pace.

Al summit sono intervenute inoltre Nompumelelo Zuma (Sud Africa), Viviane Wade (Senegal), Asha Tassin Hassan (Somalia), Mariamma Mane Sanha (Guinea Bissau), Liesbeth Vaneburg (Suriname), Begun Raza Gilani (Pakistan) e Maria Esther Reus Gonzalez (ministro della Giustizia di Cuba). Anche Isabella Rauti, moglie del sindaco di Roma, Gianni Alemanno, ha preso parte all'incontro.

L'intervento più atteso è stato però quello di Azan Al Sadat Farahi, moglie del presidente iraniano Ahmadinejad. La first lady ha presentato "l'esperimento iraniano" per debellare la fame nel mondo, realizzato seguendo "gli insegnamenti religiosi". Dopo aver donato un libro intitolato "La sicurezza e l'etica nella famiglia iraniana", Azan Al Sadat ha spiegato che in Iran è in atto un esperimento che prevede, tra l'altro, un forte supporto nella diffusione dell'allattamento tra le mamme, ma anche la cooperazione e l'aiuto sociale tra le piccole famiglie. E ha sottolineato l'importanza dei diritti delle donne alle quali i loro mariti devono garantire cibo, vestiti e la casa.

Intanto, arrivano le adesioni allo "scioero della fame contro la fame", lanciato dalla Fao in solidarietà con chi non ha cibo a sufficienza. Lo stesso direttore generale della Fao Diouf ha deciso di digiunare per 24 ore. Hanno aderito anche Ban Ki-Moon e il sindaco di Roma, Gianni Alemanno.

15 novembre 2009

 

 

 

 

 

 

Roma blindata per il vertice Fao

Alle 11 l'intervento del Papa

dall'inviato Piero Fornara

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15 novembre 2009

(foto Ansa)

"Dai nostri archivi"

Diouf (Fao): 1 miliardo di click contro la fame nel mondo

Memorandum Expo 2015-Fao sulla sicurezza alimentare

Il Colosseo si illumina di verde per dire stop alla fame

Al vertice Fao il giorno delle first ladies dei paesi "non allineati"

World Food Day / Diouf (Fao): "Più risorse per l'agricoltura"

ROMA - Inizierà lunedì mattina alle nove con la cerimonia inaugurale aperta dal direttore generale della Fao Jacques Diouf, il vertice contro la fame del mondo.

A seguire - secondo il programma reso noto domenica dall'organizzazione – gli interventi del presidente del Senato Renato Schifani, del segretario generale dell'Onu Ban Ki moon e del sindaco di Roma Gianni Alemanno, cui seguirà l'elezione del presidente della sessione, che sarà Silvio Berlusconi in qualità di presidente del Consiglio del paese ospitante.

Verso le undici è previsto l'arrivo e l'intervento di papa Benedetto XVI, che subito dopo dovrebbe incontrare, in una saletta privata, alcuni leader africani. Prima dell'intervento di tutti gli altri capi di stato – dal libico Gheddafi, all'egiziano Mubarak, al brasiliano Lula – è attesa l'adozione della dichiarazione del summit sulla sicurezza alimentare. A seguire, nel pomeriggio, una tavola rotonda su come minimizzare l'impatto della crisi dei prezzi e di quella economica e finanziaria sulla sicurezza alimentare mondiale.

Nel pomeriggio di domenica il sindaco Alemanno ha telefonato al questore di Roma e al capo di gabinetto del ministero degli Interni per chiedere che le misure di sicurezza per il vertice Fao, che durerà fino a mercoledì, siano studiate in modo tale da ridurre il più possibile i disagi per gli automobilisti e i cittadini. Lo stesso sindaco ha riconosciuto che "già nel week-end si sono verificati gravi ingorghi stradali per la massiccia presenza di scorte e di sbarramento al traffico e dobbiamo cercare di evitare che da lunedì la città rimanga paralizzata". È stata chiusa la stazione di Circo Massimo della linea B della metropolitana e anche ai taxi non è permesso percorrere le strade che portano al palazzo della Fao in via delle Terme di Caracalla.

15 novembre 2009

 

 

 

 

 

Kit anti-influenza A per delegati e giornalisti accreditati al vertice Fao

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15 NOVEMBRE 2009

"Dai nostri archivi"

Vertice Fao: appello al mondo per la guerra contro la fame

Il Colosseo si illumina di verde per dire stop alla fame

Memorandum Expo 2015-Fao sulla sicurezza alimentare

Diouf (Fao): 1 miliardo di click contro la fame nel mondo

Roma blindata per il vertice Fao Alle 11 l'intervento del Papa

ROMA - La Fao sta distribuendo un kit per la prevenzione dell'influenza A a delegati e giornalisti accreditati al vertice mondiale per la sicurezza alimentare. Due mascherine, sei confezioni monouso di amuchina, due termometri usa e getta, e un foglio informativo in inglese sul virus A-H1N1, i sintomi che provoca negli individui che ne sono colpiti, e le precauzioni da adottare per evitare il contagio. Si tratta di una iniziativa nata "nel contesto della pandemia" spiegato Cedric Dumont, il responsabile dello staff medico dell'organizzazione dell'Onu per l'alimentazione e l'agricoltura.

"Abbiamo deciso di distribuire il kit per il numero di casi di influenza A in tutto il mondo, Italia inclusa, e considerando che si riuniranno per il vertice almeno 5mila persone: volevamo offrire loro alcuni strumenti e istruzioni, nel caso vengano colpite dall'influenza, o semplicemente per prevenzione volevamo promuovere l'adozione di misure igieniche da adottare durante la conferenza", ha aggiunto Dumont. Nessun allarmismo, solo informazioni per gente in arrivo da tutto il mondo, che magari potrebbe non sapere cosa fare. Quindi un''iniziativa che si propone di mantenere un profilo basso. A confermarlo, nessun potenziamento della struttura medica che normalmente segue il personale in forza alla Fao. "Non ci sono timori particolari per l'Italia, lo avremmo fatto in qualunque altro posto, a New York o a Delhi", precisa Dumont. (P.F.)

15 NOVEMBRE 2009

 

 

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